Foto: Archivio Fabio Ciminiera
Il quartetto internazionale di Luigi Martinale
Casale Monferrato. Accademia Filarmonica – 25.10.2017
Luigi Martinale: pianoforte
Stefano “Cocco” Cantini: sax soprano, sax tenore
Yuri Goloubev: contrabbasso
Zaza Desiderio: batteria
Il quartetto di cui si parlerà oggi, il terzo ascoltato dal vivo nell’arco di circa un mese, deve la sua particolarità ad una caratteristica: è un quartetto internazionale. Direte voi, ebbene che vuol dire questo? Nel jazz di questi tempi, musica che riflette umori, colori e sonorità di tutto il mondo, è un fatto che non dovrebbe destare stupore. È meraviglioso invece che ciò accada, almeno in musica, dal momento che da qualunque parte ci si rigiri è un “tutto contro tutti” che non è certamente sintomo di libertà, pur se in nome di essa si cerca di far passare i messaggi; mentre invece qui è proprio l’interazione tra i quattro musicisti che sfocia in ottimo risultato e che rende grande l’accadimento musicale. I musicisti, si sa, sono personaggi particolari, se poi sono cosmopoliti, così com’è la espressività dell’arte che praticano, parlano in musica un linguaggio libero e universale che ben difficilmente trova ostacoli o barriere. L’incontro quindi per l’Italia, di un piemontese e un maremmano, che “se la suonano” con un russo moscovita, che ora vive in Galles, e un brasiliano di Rio de Janeiro, fa meraviglia appunto, ma s’intendono con pacatezza, sensibilità e ironia e danno vita a momenti musicali sublimi, che rendono più che piacevole il trascorrere un’ora ad ascoltare ottima musica. Chi lo volesse, può riascoltare i brani nel CD “Il valzer di Sofia” registrato nel settembre 2015, edito da Abeat Record lo scorso anno.
Il quartetto è composto da Luigi Martinale, al pianoforte, Stefano “Cocco” Cantini, ai sassofoni soprano e tenore, Yuri Goloubev, al contrabbasso, e Zaza Desiderio, alla batteria; le composizioni suonate sono del leader del gruppo, originali e marcatamente personali, salvo qualche brano, per dovere di ospitalità e, nel finale, sensibilità verso il genere femminile.
Ci si trova a Casale Monferrato, fine ottobre, nell’elegante salone dell’Accademia Filarmonica, dove troneggia un superbo Steinway grancoda, per ascoltare un concerto acustico, non assai frequente di questi tempi in cui domina l’elettronica: il luogo, per resa acustica, lo consente.
Si inizia con un paio di brani di “Cocco” Cantini – The New e Niccolina la va al mare – in cui si può ammirare l’ironia, compositiva ed esecutiva, del sassofonista toscano, e si prosegue con un brano di Martinale che “occhieggia” alle imminenti atmosfere natalizie: Kind of Blurry. Ed è il momento de Il Valzer di Sofia, una delicata composizione in 3/4 che il pianista dedica alla figlia, dal momento che quando il brano nasceva e veniva armonizzato, lei lo assimilava e lo canticchiava sottovoce, con grande meraviglia del padre: titolo e dedica scontate quindi.
Di tutt’altro genere e atmosfera On All Fours, un 4/4 dinamico e pulsante, particolarmente adatto ai quattro che liberano la loro inventiva squisitamente jazzistica senza nulla concedere a pattern standardizzati, che spesso ascoltano nelle riproposizioni di brani celebri.
Il pezzo che segue ha, in origine, una sua storia. Il “nostro” pianista, in viaggio in Norvegia, entra in una chiesetta al limitare di un bosco: c’è un piccolo organo, uno spartito sul leggio, e su di esso un nome: Monk, V.H., non certo il nome del celebre Thelonious. Il titolo del brano è Abide with Me, una cantata delicata, che Luigi Martinale non resiste di provare sulla tastiera. Qui il titolo è diventato Abide with Me, Abide with Us, il brano reinterpretato e trasformato per l’interazione di sax soprano e contrabbasso, armonicamente sottolineate in maniera delicata dal pianoforte, che si riserva una piccola parte. Musica sublime, ottimamente rivisitata.
I due brani successivi – Mamia e Lost and Found – hanno carattere diverso: molto swingante il primo, si apre sul confronto melodico-armonico tra sax soprano e pianoforte, supportato al meglio da accordi di basso e pulsare scuro della batteria, mentre il secondo fin dall’apertura del solo pianoforte delinea un’atmosfera sognante più introspettiva, sviluppata poi sempre dal sax soprano di Cantini e dagli interventi deliziosi di un superbo Goloubev, con la batteria di Desiderio appena percettibile. Il momento di contrasto, nella successione delle due esecuzioni, è quanto mai coinvolgente a caratterizzare un’ottima performance, molto avvincente.
Si va verso la conclusione con un’ultima composizione di Martinale, un veloce Alagitz, ritmato e concluso a pedale, deliziosamente introdotto dal solo contrabbasso. A seguire, suonato come bis, con il pianoforte in apertura subito seguito nell’esposizione tematica dal sax soprano, un delicato e bellissimo Besame Mucho, presentata in forma di ballad, spazi esecutivi solistici che sono opportunamente ripartiti fra i quattro strumenti, a creare un amalgama di chiusura di rara intensità. La celeberrima, popolare melodia latina di Consuelo Velazquez ha ottenuto una esaltante celebrazione.
La formazione, con musicisti di diverso carattere e cultura, ha saputo denotare l’universalità della musica jazz se espressa con sensibilità e ironia. Sono momenti che si possono vivere dal vivo con grande soddisfazione, che creano valore, aggiungendo – ce n’è sempre necessità – grandezza alla musica nella sua generalità e globalità.
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