Sergio Armaroli Quintet with Billy Lester – To play Standard(s) Amnesia

Sergio Armaroli Quintet with Billy Lester - To play Standard(s) Amnesia

Dodicilune Dischi – Ed 384 – 2017



Sergio Armaroli: vibrafono

Billy Lester: pianoforte

Claudio Guida: sassofono

Marcello Testa: contrabbasso

Nicola Stranieri: batteria






Contiamo già cinque sortite discografiche di e con Sergio Armaroli nell’ultimo biennio presso la label salentina, e non possiamo che rilevarne quantomeno l’inventiva e l’apertura propositiva specie nelle variazioni di modello che, dopo tre ravvicinate, corpose esperienze di tono avant-garde, ne segnano una virata verso la formula degli standard, ma è nella sostanza relativo il rivolgimento verso il domain della classicità.


Poco ovvio peraltro il valore della “amnesia” del titolo, chiarita in forma di conversazione col medesimo leader: «Titolo volutamente ironico: è a memoria che generalmente s’imparano questi grandi classici, ma per suonarli – ancora – è bene forse dimenticarli! Il mio lato più mainstream è una deviazione verso la tradizione; insieme a Billy Lester, pianista stanziale a New York, raffinatissimo quanto misconosciuto da noi, si è pensato di rileggere gli Standard(s) annullandosi nella memoria sonora di alcuni grandi vibrafonisti che hanno modellato il mio immaginario. Un modo per dialogare con la Storia e con il passato nella lingua del jazz, ed una forma d’approccio filologico, non basato su fonti scritte ma sulla memoria auditiva.»


Giusto nel caso ci si sentisse poco invogliati all’ascolto di materiali tradizionali sarà almeno da rilevare, molto ben oltre le istruttive premesse, la funzionalità del quintetto, alla cui ossatura e dinamica giova il solido lavoro della pertinente sezione ritmica, e la cui fisionomia dinamicamente si modella particolarmente grazie all’apporto del solido e convincente pianismo di Billy Lester, di serrata tenuta armonica e toccante disciplina discorsiva, doppiata senza alcuna ansia competitiva dalle fluenti lamine di Sergio Armaroli, al cui interplay contribuisce l’ancia di pertinente prestazione di Claudio Guida.


Se l’apertura del lavoro può connotarsi come asciutta a classicheggiante, in poche misure l’apparato si dota di corpo swingante, particolarmente in base al dialogo dei due co-leader, di voce ben differenziata nel conformare i prescelti standards, le cui revisioni si basano eminentemente sulla riarmonizzazione ad opera del pianista, di filiazioni tristaniane (ma non soltanto) e sull’alonatura immaginativa del vibrafono (che potremmo inscrivere nell’ambito della “scrittura diffusa” del percussionista).


Come nelle premesse, ci sentiamo dunque di gratificare il lavoro, performante e di (ri)scrittura, di un collettivo di cui si percepiscono rodaggio e dimestichezza, abile nel configurare un proprio composito idioma, che esita nel contempo letterale ed apolide.