Edition Records – EDN1103 – 2018
Elliot Galvin: pianoforte, tastiere
Tom McCredie: contrabbasso, chitarra elettrica
Corrie Dick: batteria
Come si legge nelle note che accompagnano il disco, The Influencing Machine è il titolo di un romanzo storico di Mike Jay, incentrato sulla vicenda di James Tilly-Matthews: un personaggio realmente esistito e nato nel 1770, mercante di thé, agente doppiogiochista tra Inghilterra e Francia, politico, pensatore, architetto e primo caso documentato di schizofrenico paranoico. Tilly-Matthews infatti pensava di essere “governato a distanza” da un macchinario guidato da sette personaggi. Elliot Galvin prende lo spunto dal libro, proseguono le note, per riflettere sulle nostre vite moderne influenzate da tutta una serie di stimoli esterni e per realizzare a tutti gli effetti un concept album.
The Influencing Machine è un disco articolato in maniera molto particolare. La musica proposta da Elliot Galvin affronta con una lettura eclettica il piano trio, uno dei formati maggiormente percorsi nella vicenda del jazz. Il terreno tradizionale viene arricchito da inserti elettronici e da soluzioni provenienti da altri generi e linguaggi. E la regia del pianista britannico alterna tagli netti e sorprendenti e passaggi che operano un taglio meno drastico o definitivo con la storia e la tradizione del formato.
Il risultato è una costruzione musicale articolata, varia, sghemba ed eccentrica in alcune sue evoluzioni, complessa in molti punti ma sempre architettata con grande attenzione. Le composizioni poggiano su fondamenta sicure, dove ritroviamo tanto gli elementi consolidati dalla tradizione jazzistica e più di una ispirazione classica quanto certe visioni estetiche vicine al rock britannico e al progressive. Il materiale viene poi filtrato attraverso le inquietudini post-moderne e sviscerato dall’approccio onnivoro e poco ortodosso del pianista. E, non a caso, vengono in mente termini come “regia” o “architettura”: nella concezione dei brani di Galvin, ritroviamo sovraincisioni e dissolvenze, sospensioni rarefatte e momenti riflessivi si alternano a bruschi e drammatici cambi di scena, voci e rumori ampliano le potenzialità narrative e emotive delle linee melodiche e delle progressioni sonore. E così, tanto per fare degli esempi, in Bees dog and flies, la preparazione degli strumenti si combina con una melodia di provenienza rinascimentale oppure in Planet Ping Pong l’incalzante e progressiva gestione ritmica, sottolineata dagli interventi ruvidi della chitarra elettrica, viene spiazzata dalla presenza di suoni simili a quelli di una tastiera giocattolo.
The Influencing Machine è un disco molteplice, ricco di risvolti e spunti per l’ascoltatore. Tutta la trama del disco si infittisce di strappi e scatti verso nuove direzioni. Diventano utili anche le tracce più brevi – La Machine e Fountain Head – per creare degli interludi di passaggio. E si può ancora aggiungere la capacità del trio nel mantenere in equilibrio le varie tensioni: una dose utile di melodia e groove per non rendere il tutto arido e troppo cerebrale; una quantità di libertà informale per togliere prevedibilità alla mossa successiva.
Il merito di Galvin, McCredie e Dick è quello di non farsi prendere troppo la mano dal meccanismo messo in opera: controllano il flusso sonoro senza costringerlo, lasciano correre ispirazione ed elementi quando e quanto serve senza lasciarsi travolgere dalla mole di suggestioni portate nelle tracce.
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