Stefano Maltese & Antonio Moncada – Monade 1-4

Stefano Maltese & Antonio Moncada - Monade 1-4

Labirinti Sonori – 2017




Stefano Maltese: sassofono soprano, sassofono alto, sassofono tenore, saxello, flauti, clarinetto basso, pianoforte, percussioni

Antonio Moncada: batteria, percussioni






Le monadi, secondo la definizione del dizionario, sono «la parte ultima, indivisibile della materia». Muovendo proprio da spunti elementari, da semplici stimoli privi di sovrastrutture, Stefano Maltese e Antonio Moncada realizzano quattro ore abbondanti di musica e li pubblicano su quattro cd numerati e distinti per il diverso colore delle copertine. Si tratta, come si può facilmente immaginare, di improvvisazioni libere, dove, però, la mancanza di idee o la casualità nel modo di interagire sono del tutto assenti. Forti di una collaborazione pluriennale, i due compositori istantanei siciliani elaborano, infatti, discorsi coerenti e coesi andando a sondare tutto quanto esperito in un percorso di conoscenza e di ricerca pienamente consolidato.


Maltese utilizza ampiamente il suo strumentario, servendosi di buona parte della famiglia dei sax e dei clarinetti, del flauto e riservando un cd intero al pianoforte. Moncada risponde con la batteria e differenti tipi di percussioni.


Il polistrumentista palermitano, in certi segmenti, privilegia l’esplorazione timbrica, arrivando a produrre multiphonics, note irregolari, suoni strozzati, salti di registro e colpi di lingua secchi e taglienti in sequenze anomale. In altre situazioni si lavora su temi sobri, ma decifrabili, con una fisionomia aperta in sviluppo conseguente, da momenti di fermento ad altri di distensione.


Il percussionista siracusano, da parte sua, interpreta i segnali che gli lancia il collega e offre un accompagnamento discreto e pulsante o suggerisce figure ritmiche in equilibrio instabile su cui può inserirsi favorevolmente la voce delle ance o della tastiera


La terza Monade, poi, contiene aspetti in un certo qual modo particolari. Maltese vi suona solo il pianoforte in maniera non proprio accademica, andando alla ricerca di effetti inusuali, frugando fra le corde dello strumento e pestando sui tasti, realizzando così una musica ombrosa e ambigua, salvo chiudere con un tocco lirico, sentimentale, nell’ultimo brano Sciamani volanti.


Il duo protagonista dell’incisione, in sintesi, è autore di una sorta di inventario degli elementi ispiratori di una poetica rivolta costantemente in avanti, verso nuove acquisizioni, inediti procedimenti, con alle spalle la lezione dei grandi del jazz moderno e d’avanguardia e, dietro, il battito palpitante dell’Africa nera. Questo è un progetto corposo, appagante, non certo di agevole lettura, che racchiude in complessive quarantasei tracce il frutto prelibato di una vita spesa a servizio di una musica ardita nella forma e controllata,regolata nel suo profondo.



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