Kneebody – Low Electrical Worker

Kneebody - Low Electrical Worker






Shane Endsley: tromba, effetti

Ben Wendel: sassofono tenore, melodica, mouthman 2000, effetti

Adam Benjamin: fender rhodes, pianoforte, clavinet, synth

Kaveh Rastegar: basso elettrico

Nate Wood: batteria






Jazz elettrico? No, oseremmo dire jazz futurista. E il manifesto della musica futurista è già nel primo brano dell’album, Poton: una ritmica serrata e decisamente hard rock della batteria sorregge degli accordi di synth dal suono straordinariamente ibrido, spingendo avanti la musica in un meccanismo implacabile: un groove assolutamente tipico – e particolarissimo – della band, presente in tutto l’album.


In una carrellata di tredici brani originali, i cinque componenti del gruppo americano Kneebody, giunto con Low electrical worker – già il titolo è sintomatico – alla loro seconda fatica discografica, ci guida in un viaggio assolutamente fuori dagli schemi, fatto di suoni industrial e sghembe ritmiche funky, strizzando l’occhio ora al collage e alla metamorfosi musicale, come in Dr. Beauchet, penguin dentist, ora al jazz più tradizionale, come nell’assolo di tromba – più che convincente – che caratterizza Flood on 12th street o nelle note conclusive di Notwithstanding.


Intendiamoci: non che qui sia “jazz”, la batteria continua a masticare ritmiche serrate e l’assolo è incorniciato da momenti di piacevole delirio sonoro, dando a tutta l’operazione un aspetto decisamente poco rassicurante, anzi diremmo destabilizzante, ma in un certo modo anche raffinato. Il suono della band è un mix di influenze radicalmente opposte, da Bjork a Bartok, da Squarepusher a Cannonball Adderley, da Frank Zappa agli Steely Dan, fondando qualcosa di decisamente nuovo. Tra tutti gli strumenti, quello usato in modo particolarmente innovativo – almeno in un disco jazz – è la batteria di Nate Wood, che abbandona lo swing e si produce in un suono secco, con pelli tiratissime un uso di piatti piuttosto parco, e sempre con un suono molto corto.


D’altra parte, l’insistente uso di Fender Rhodes non può far saltare alla mente i Return To Forever di Chick Corea, e in modo particolare in Mr. Darcy, anche se in brani come Of course è praticamente impossibile non sentire l’influenza del Keith Jarrett dei tempi di Expectations.
Assolutamente da segnalare Mahalia, un brano stupendamente rilassato per quanto sempre immerso in sonorità caustiche, che fanno inevitabilmente tornare alla mente certe atmosfere simili del Dave Douglas di dischi come The infinite. Il tutto però naturalmente, più elettrico, più elettronico, più funky, oseremmo dire “più metropolitano”: più futurista, appunto.


Per concludere: con mille influenze, mille sfaccettature, Low electrical worker è un disco dal suono profondamente nuovo. Non ha sbagliato Dave Douglas a produrre il primo album dei Kneebody, e ci auguriamo di vederli al più presto dal vivo in Italia.