Matteo Bortone Trio – ClarOscuro

Matteo Bortone Trio - ClarOscuro

CamJazz – 2018




Enrico Zanisi: pianoforte

Matteo Bortone: contrabbasso, contrabbasso preparato, percussioni

Stefano Tamborrino: batteria





Matteo Bortone ci ha abituati a sentirlo suonare in formazioni, di cui lui è leader, che hanno un assetto più largo magari con all’interno dei fiati. Questo almeno nei suoi dischi precedenti. ClarOscuro invece è un disco in trio, pianoforte, contrabbasso e batteria, dove, non cosa insolita ma neanche frequente nel jazz, il leader è il contrabbassista. In questo caso è anche autore dei dodici brani che ne fanno parte. Cosa c’è realmente di insolito in questo disco? C’è che è un lavoro binario, nel senso che da una parte c’è il dialogo tra gli ottimi Zanisi e Tamborrino, dall’altra un lavoro intenso, profondo, che traccia le esecuzioni con la timbrica di un contrabbasso sciolto nel tempo e nell’inventiva. I due binari chiaramente vanno in parallelo ma spesso contraddicono le convenzioni e la fisica per incontrarsi e intrecciarsi, e qui spicca il lavoro del leader con lo strumento in primo piano che scolpisce sagome timbriche dettando il percorso da seguire. Sintomatico è Olvidao #2, un pezzo lento, sognante, in cui ognuno stenta lentamente a svegliarsi sotto i colpi asincroni di un contrabbasso solido e legnoso. Il brano si trova al termine del disco, e volendo ripercorrere i binari in senso contrario, si potrebbe partire da qui per un esame all’incontrario di un disco dal forte fascino, misterioso e oscuro. Grotesque, per esempio, sembra sospeso nel tempo, incastrato tra Dalì e Magritte; mentre Concretion Part 1 e Concretion Part 2 aderiscono al free con il contrabbasso che prepara le fughe creative degli altri musicisti. È un eccellere di timbri che saturano l’aria per prendersi i propri spazi materici. In questo viaggio a ritroso Wormhole diviene una tappa necessaria per capire la musica di Bortone, figlia di una creatività che non si ripete ma che ha più centri d’irradiazione e d’espansione e usa lo spazio come piattaforma su cui sperimentare e costruire le sue narrazioni.



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