El Gallo Rojo – 314-24 – 2009
Cuong Vu: tromba, effetti
Giorgio Pacorig: Fender Rhodes, pianoforte, effetti
Enrico Terragnoli: chitarra acustica e elettrica, podophono
Danilo Gallo: basso acustico, contrabbasso, basso a dodici corde
Zeno De Rossi: batteria, percussioni
Carla Bozulich: voce
“Mickey Finn (o semplicemente Mickey) è un termine gergale usato per indicare un drink addizionato di sostanze psicotrope che viene somministrato all’insaputa con l’intento di far perdere conoscenza”: così recita Wikipedia, dandoci lumi sul significato del nome del gruppo che ha confezionato Gagarin!, ultimo prodotto di casa El Gallo Rojo. Ma ancora più interessante di questo è il riferimento al fatto che il suddetto “drink” venga spesso menzionato nei film polizieschi della metà del secolo scorso (ormai, si chiama così): è questo infatti il filo rosso (colore non scelto a caso, visto il nome dell’album e il design della copertina) che collega molti dei brani racchiusi nell’album, brani realizzati interamente da Gallo, De Rossi, Pacorig e Terragnoli con la partecipazione eccezionale di Cuong Vu (e, in un brano, di Carla Bozulich). Il sound generale, infatti, si trova a metà strada tra, da una parte, una sorta di psichedelia alienata e particolarmente succube della noia in cui buona parte della società contemporanea si troverebbe immersa (esempio di ciò può essere il metronomo\orologio continuo di I met Einstein in a dream, dedicato esplicitamente ad Allen Ginsberg), e dall’altra, una sorta di omaggio alle colonne sonore dei polizieschi (anche italiani, visto il titolo del brano Gian Maria Volonté e il suo riprendere il tema di un noto film poliziesco italiano in maniera minimale e ossessiva) con le loro sonorità taglienti, elettroniche e un po’ kitsch (esempio lampante – e come al solito dotato di un titolo appropriato – è la traccia di apertura, The Lady is a Trans).
Dal punto di vista strettamente musicale, il lavoro del gruppo “Mickey Finn”, in cui si riconosce l’ormai ben noto marchio El Gallo Rojo, è eccellente, e ad esso si aggiunge con grande proprietà la sottolineatura della tromba di Cuong Vu, il quale si destreggia mirabilmente al suo strumento, com’è del resto ben noto. Il risultato non è di facile fruizione, per quanto l’emergere qua e là di frammenti melodici su un tessuto quasi sempre perfettamente ritmico lasci la possibilità anche di un ascolto più “disattento”. I punti di forza stanno forse soprattutto nella ricchezza di idee e di riferimenti, musicali e non, di cui è intessuto il disco, oltre che nell’abilità di tutti i musicisti coinvolti, rendendo quasi impossibile stancarsi o voler togliere il disco dallo stereo: e in questo aiuta certamente l’altissimo livello prettamente “acustico” del materiale proposto.