TimeMachine Records – TMCD-1012 – 2018
Takanori Suzuki: clarinetto, clarinetto basso
Satoshi Aikawa: chitarra
Tetsuro Aratama: contrabbasso
Mentre gran parte dei musicisti jazz giapponesi si relaziona con la storia e gli stili maggiori del jazz statunitense, come be bop e hard bop, pochi altri preferiscono trarre ispirazione da diverse tradizioni musicali, ma che con il jazz condividono attitudine, spazio improvvisativo e senso ritmico.
È il caso del clarinettista Takanori Suzuki che, dalla sua Osaka, punta lo sguardo altrove alla ricerca di stimoli nuovi all’interno del vasto universo jazzistico.
In questa seconda prova discografica alla guida di un trio è infatti possibile ascoltare i numerosi richiami musicali, provenienti da diverse aree geografiche del globo, che Suzuki e i suoi partner non presentano mai come meri esercizi di stile, perchè reimmaginati attraverso la propria sensibilità in quanto autori di tutta la musica eseguita.
Fondamentale, affinchè la suggestione del viaggio musicale si compia, è la presenza di Satoshi Aikawa e Tetsuro Aratama, rispettivamente chitarrista e contrabbassista del trio, laddove il primo si muove con estrema disinvoltura tra luminose sonorità dal sapore mediterraneo, guizzanti fraseggi flamenco ed echi sudamericani, il secondo sa sempre fornire l’adeguato sostegno ritmico, impreziosendo il tutto con assolo calibrati.
Ne è lampante riprova Esperanza che apre l’album con piglio dinamico e gioioso indicandoci, attraverso titolo e scelta della lingua usata per esso, la rotta verso i sud del mondo ai quali la musica di questo trio sembra puntare. A seguire, molto bella è l’introduzione di Opus 1, composizione tutta in divenire in cui la musica prende progressivamente corpo in un gioco di dinamiche e possibilità timbriche.
Sugiyuku natsu, come recita il titolo in giapponese, è un malinconico saluto su un tre quarti moderato alla fine di un’estate passata troppo repentinamente, Ange Cri, invece, è un omaggio ai tango di Astor Piazzolla che il leader decide di tributare misurandosi con le sensuali nuance prodotte dal suo clarinetto basso.
Unici due contributi compositivi alla scrittura di Suzuki sono Shousou (“impazienza” in giapponese), scritta da Aikawa, dalla linea melodica serpentina e accattivante e, questa volta a firma di Aratama, la title track Paracca (un inesistente neologismo coniato dallo stesso trio) fondata su una ritmica da “partido alto”, un sottogenere della samba.
Chiude Lumière, ispirata a quel senso di speranza che il clarinettista prova ogni qualvolta un raggio di sole si fa strada attraverso le nuvole.
La compostezza formale delle composizioni di Suzuki, rivelatrice del suo giovanile apprendistato da musicista classico, è stemperata da un’eleganza ritmica nella quale è facile percepire il piacere ludico che il clarinettista sperimenta nel suonare con i suoi compagni.
A ciò va ad aggiungersi la scelta del luogo di registrazione (la sala da concerto Cosmic Hall di Katou, nei pressi di Osaka, solitamente utilizzata per concerti di musica classica) che contribuisce alla qualità sonora ricercata da Suzuki, il cui suono caldo e incisivo del suo strumento sembra ergersi a vessillo di un’espressione musicale diretta e sincera.
Link di riferimento:
Takanori Suzuki website: takanorisuzuki.net
Paracca teaser: www.youtube.com/watch?v=gIRT3-4HCwAe
Takanori Suzuki Trio live performance: www.youtube.com/watch?v=Xd_ZHkFuwjo
Segui Jazz Convention su Twitter: @jazzconvention