Dodicilune Dischi – Ed258 – 2009
Federico Casagrande: chitarra
Stefano Senni: contrabbasso
Ferenc Nemeth: batteria
A metà strada tra descrizioni bucoliche e suggestioni oniriche, Federico Casagrande propone in Spirit of the Mountains una prova matura alla guida di un trio essenziale – scarno in alcuni passaggi, sobrio sempre – e particolarmente attento alle sonorità e agli impasti creati dall’incontro dei tre strumenti.
La scelta stilistica del trio non punta né verso la lezione di Jim Hall o Wes Montgomery né verso le soluzioni più recenti, dove la chitarra spesso si colora di accenti espressivi provenienti dal rock o dei suoni modificati. A voler dare un riferimento specifico si potrebbe pensare a certe atmosfere, allo stesso tempo, liriche ed elettriche presenti in Bright Size Life di Pat Metheny: come in quel lavoro, Casagrande fonda la sua musica su una visione paritaria, sulla connessione stretta, sia timbrica che melodica, delle voci dei tre musicisti, tanto che spesso si può parlare di conduzione corale della musica più che di assolo e accompagnamento, in termini tradizionali.
L’attenzione del chitarrista è rivolta, da una parte, a un costante lavoro di sottrazione, fino a rendere i nove brani estremamente essenziali, dall’altra Casagrande si dedica a dare fluidità e coerenza ad ogni passaggio. Il disco è molto compatto, unitario quasi si trattasse di una unica suite, l’atteggiamento corale e l’applicazione ad asciugare ogni ridondanza e a smussare gli spigoli rendono consequenziali i cambi di direzione presenti nel lavoro e le differenze tra i brani.
La scelta dei suoni diventa una cifra caratteristica dello sviluppo del disco. Chitarra e contrabbasso assumono un suono spesso rotondo, grazie alla disposizione della scrittura e alle intenzioni quasi mai aggressive, grazie al gioco di volumi che stempera l’attacco delle corde; Nemeth, dal canto suo, utilizza di rado le bacchette tradizionali, ma preferisce spazzole, mallets e bacchette con i fasci di legno e suona sempre con delicatezza estrema, seguendo soprattutto le intenzioni melodiche e coloristiche in un dialogo sempre serrato tra gestione ritmica e melodica.
Spirit of the Mountains si muove tra descrizioni e aperture, tra slanci melodici e spazi di improvvisazione informale: la chiave scelta, in questo caso, è quella di realizzare gli spunti lirici e onirici del discorso attraverso le aperture più fluide, giocando sui silenzi e sulle rarefazioni, laddove gli aspetti narrativi sono affidati alle linee melodiche maggiormente definite. La disposizione corale e la ricerca costante dell’equilibrio tra i vari aspetti della scrittura e dell’esecuzione permettono al trio di muoversi in maniera fluida e di utilizzare con efficace proprietà i tanti elementi disposti nelle tracce del disco.