Foto: la copertina del disco Sospiri Sospesi
Dino Massa, un pianista dalle “Anime Diverse”
Dino Massa è un pianista e compositore colto, sensibile ed eclettico. Ne sono testimonianza i suoi ultimi due dischi diversi uno dall’altro, che da un lato confermano la sua versatilità compositiva e musicale, e dall’altra un’inalterata qualità progettuale ed esecutiva.
Jazz Convention: Dino Massa come nasce la tua passione per la musica e in particolare per il pianoforte?
Dino Massa: Avevo circa 11 anni, mi attirava suonare uno strumento musicale e dopo l’inutile tentativo di imparare a suonare la chitarra classica, mi capitò fra le mani una fisarmonica e fui subito attratto dalla sua tastiera, e da allora capii che il mio strumento avrebbe avuto una tastiera con tasti bianchi e neri
JC: Tu sei anche un pianista classico… cosa ti ha spinto a prediligere il jazz?
DM: In effetti la passione per il jazz è nata prima di intraprendere gli studi classici, un giorno ascoltai i Return to Forever di Chick Corea, e fu amore a prima vista. Ciò che mi attirava del jazz era la libertà creativa che mi dava l’improvvisazione
JC: Quali sono stati i tuoi maestri, i tuoi punti di riferimento nel jazz?
DM: Il primo musicista che mi ha influenzato è stato John Coltrane, ricordo che insieme ad un amico, che condivideva la mia stessa passione, comprammo tantissimi suoi dischi, che divoravamo, letteralmente. Ovviamente ero affascinato dal suo pianista: di MC Coy Tyner mi intrigava il suo approccio percussivo. Poi intorno ai venti anni è arrivato Bill Evans, che mi ha fatto scoprire “l’altro” pianoforte, quello delicato, melodico, intimistico, che insieme alla mia passione per l’impressionismo musicale francese, in particolare per Debussy e Ravel, penso abbia determinato il mio percorso musicale
JC: Quanto c’è di Napoli nella tua musica?
DM: Non ci ho mai riflettuto a fondo, anche perché mi sono sempre sentito più europeo che napoletano, oppure italiano. Comunque credo che nella mia musica di Napoli ci sia la sua inesauribile vena melodica
JC: Che ricordi hai della tua prima registrazione da leader?
DM: Come si dice, il primo disco non si scorda mai… Scherzi a parte, ricordo che ero stato per mesi a lavorare agli arrangiamenti, con l’utilizzo di sintetizzatori elettronici e poi, quando mi ritrovai nella sala di registrazione, vidi il pianoforte, stracciai tutto e feci un disco interamente acustico
JC: E tra le tante collaborazioni quale ti ha lasciato un segno intangibile?
DM: Sicuramente l’esperienza con il grandissimo John Abercrombie. Ricordo che ad un certo punto mentre stavamo suonando il brano Nardis, John inserì il distorsore e mi ritrovai a vivere in prima persona ciò che avevo ascoltato per anni nei suoi dischi: fu per me un momento magico, e poi la sua umiltà la sua disponibilità, la sua grandissima umanità. Fu davvero eccezionale
JC: Come definiresti il tuo pianismo, la tua musica?
DM: Il mio pianismo penso sia in linea con le mie passioni giovanili, un pianismo melodico con un forte approccio ritmico, e la mia musica la definirei, se mi è concesso il termine, euro-afro americana
JC: Veniamo ai tuoi ultimi lavori: raccontaci il progetto Kansas City Quintet e in particolare il disco Echos Of Europe realizzato con musicisti stranieri?
DM: Quando insieme al sassofonista Christopher Burnett, a cui sono legato da una vecchissima amicizia, decidemmo di mettere su questo progetto, decisi che avrei scritto una musica in cui fossero evidenti le mie origini europee, come del resto si evince anche dal titolo del disco. Tra l’altro anche in previsione dei concerti che avrei fatto negli USA, volevo del materiale che mi identificasse per quello che sono: un musicista europeo innamorato del jazz. Spero di esserci riuscito…
JC: Il jazz suonato in Echos Of Europe è completamente diverso dal tuo ultimo lavoro in quartetto intitolato Suite pour le piano.
DM: Questo è il mio autentico vanto: ogni mio disco è completamente diverso dall’ altro. Considerando che questi due dischi sono stati progettati nello stesso periodo, mi sento profondamente orgoglioso di ciò che hai detto. Suite è un disco fortemente progettuale in cui ad una scrittura particolare (a differenza della maggior parte dei dischi jazz, solitamente costruiti con una serie di una decina di brani circa, questo prevede un unico brano suddiviso in 4 movimenti), si unisce l’apporto di alcuni musicisti con i quali condivido una profonda affinità musicale, oltre che umana, il sassofonista Nicola Pisani, il contrabbassista Luca Garlaschelli e il batterista Alessandro Rossi. Con i primi due oltre alla musica condivido anche la docenza nello stesso Conservatorio di Cosenza, che è anche il luogo dove è nata sia la Suite e sia la nostra collaborazione musicale
JC: I due progetti mostrano i diversi aspetti della tua musica, e una personalità ecclettica….
DM: Mi piace che la mia personalità sia considerata eclettica, penso che un’altra possibile definizione della mia musica si possa sintetizzare con il titolo di un mio disco di qualche anno fa: Anime diverse
JC: Dino Massa, quali altre sorprese discografiche riservi per il prossimo futuro?
DM: Per ora mi sto dedicando alla promozione dei miei ultimi progetti, per un nuovo disco ho alcune idee che sto elaborando, ma non ho ancora nulla di definitivo.
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