Scene da Pinocchio: Musiche per un film perduto

Foto: Andrea Buccella










Scene da Pinocchio: Musiche per un film perduto

Città Sant’Angelo, Teatro Comunale – 22.1.2010

Germano Mazzocchetti: composizione, arrangiamenti e direzione

Marco Conti: sax tenore, sax soprano

Francesco Marini: sax contralto, sax soprano, flauto

Luca Velotti: clarinetto

Massimo Bartoletti: tromba

Luigino Leonardi: trombone

Gianluca Persichetti: chitarra

Stefano Sabatini: pianoforte

Luca Pirozzi: contrabbasso

Massimo D’Agostino: batteria

Sergio Quarta: percussioni


Scene da Pinocchio è stato un concerto diviso in due parti distinte, diverse per genesi e intenzioni: se nella prima parte la formazione diretta da Germano Mazzocchetti ha sonorizzato dal vivo il Pinocchio di Giulio Antamoro, film muto del 1911, la seconda parte ha visto l’ensemble impegnato nei brani presenti in Di mezzo il mare, il disco pubblicato da Mazzocchetti alla guida dell’Egea Orchestra.


La sonorizzazione del Pinocchio è una scorrevole e ben equilibrata suite tagliata sulle scene e sui personaggi del film, Pinocchio, Geppetto, il Gatto e la Volpe, la Fata Turchina, la Balena. L’adattamento della storia nella versione di Antamoro punta maggiormente sulle qualità acrobatiche e clownesche di Polidor, interprete del burattino, e lascia in secondo piano la dimensione educativa: il film dura circa mezz’ora e le scelte operate dal regista vanno anche inquadrate nelle difficoltà legate al metraggio a disposizione all’epoca.


Mazzocchetti sceglie una atmosfera giocosa – leggera e sempre ritmata – per l’ambientazione musicale: frasi ricorrenti, temi legati ai personaggi, un’abile politica di sincronismo con le scene del film, oltre alle note abilità descrittive e narrative dello stile di Mazzocchetti, si coglie l’intenzione di mettersi al servizio delle immagini. Come si sottolineava sopra, la direzione musicale riflette la dimensione spensierata della vicenda del film, lo sguardo al burlesque: il lavoro di Mazzocchetti porta in evidenza melodie lineari e diretti e sfrutta un’impalcatura armonica e ritmica non tanto visibile quanto funzionale, sempre efficace e portante.


Con i brani di Di mezzo il mare l’atteggiamento cambia. Si tratta, in questo caso, di composizioni pensate non come corredo di immagini ma compiute in sé: la scrittura perciò si rivolge in maniera specifica a quanto accade sul palco, lascia spazio al virtuosismo dei solisti e a un’architettura più complessa e articolata. Questo si riflette sull’utilizzo delle sezioni e delle metriche, ma anche sulla varietà degli ingredienti utilizzati per i brani: dialoghi e influenze, scrittura, strutture e improvvisazioni, tutto resta in primo piano, sempre a disposizione del pubblico, come a rendere possibile una visione propria a ogni ascoltatore e a ogni ascolto successivo.


La scelta e la disposizione tattica della formazione con i musicisti disposti in pratica su due file – i fiati e la chitarra classica davanti, la ritmica alle loro spalle – mostra come la chitarra porti nell’ensemble la propria dimensione melodica, sganciandosi dai compiti di sostegno affidati alla ritmica. Si crea, però, un legame sonoro tra le sonorità particolari delle percussioni – a destra, in fondo sul palco – e della chitarra classica – in prima fila, sull’estrema sinistra. Questa connessione stretta, oltre a speziarne il suono, diventa una chiave per il dialogo tra le diverse sezioni dell’orchestra ed esplicita le potenzialità di una formazione dal suono ampio, sempre cangiante, sempre attento a equilibrare gli impasti timbrici con le motivazioni e le strutture ritmiche dei brani.


Allo stesso modo l’utilizzo di voci multiple – per mezzo di sovrapposizioni, incontri di melodie e contrappunti veloci e non forzati – rende sempre possibile una visione prospettica e in profondità del suono, in entrambe le parti del concerto. Scrittura ed esecuzione portano nelle note di Mazzocchetti un approccio molto specifico al jazz: assolo e spazio per le improvvisazioni, predisposizione dei singoli musicisti e gestione ritmica si vanno ad intrecciare con la grande capacità di penetrazione delle melodie – cantabili, ma mai banali, logiche ed intriganti. La musica di Mazzocchetti in entrambe le sezioni del concerto – e, se si vuole, anche nel recente Testasghemba – mette in mostra la capacità di trovare una chiave per comprendere, allo stesso tempo, le influenze del patrimonio popolare italiano e lo sguardo al jazz, come alveo dove operare la convergenza tra linguaggi.