Marco Di Battista. Il terzo volume di Improvvisazione Jazz Consapevole

Foto: la copertina del libro










Marco Di Battista. Il terzo volume di Improvvisazione Jazz Consapevole


Tre anni fa, fui invitato da Jazz Convention a recensire il secondo libro sull’improvvisazione jazz scritto dal pianista Marco Di Battista. Se qualcuno ricorda quell’articolo espressi tra quelle righe, prima il timore di giudicare un libro accurato e specificatamente tecnico (io che non sono musicista) poi, leggendolo ne fui letteralmente rapito, fui piacevolmente impressionato dalle capacità divulgative del pianista jazz, capace di rendere facili e appassionanti, anche per i non esperti della materia, i passaggi più tecnici dell’opera. Questa volta, avendo saputo dell’uscita del terzo volume di “Improvvisazione Jazz Consapevole”, sono stato io a chiedere alla redazione di commentare il libro e, come mi aspettavo, non sono rimasto deluso anzi ulteriormente stregato. Snoccioliamo un po’ di numeri, le pagine del libro sono 240, gli esempi che contiene sono ben 165, le tecniche esaminate sono cronologicamente quelle più recenti. Marco Di Battista guida il lettore negli intricati dedali dell’improvvisazione senza farlo smarrire. Usa un metodo chiaro che segue un’idea propedeutica e filologica, una didattica che associa alle molteplici tecniche dell’improvvisazione le motivazioni antropologiche, sociali ed economiche che le hanno causate, Marco Di Battista, dunque, è riuscito di nuovo a collegare i principi tecnici dell’improvvisazione con gli avvenimenti storici ed estetici da cui sono nati. Come nei precedenti due volumi il lettore viene a contatto con le varie trasformazioni del linguaggio improvvisativo con naturalezza, senza perdersi. Marco Di Battista, si comprende che è uno studioso, un appassionato ricercatore sul campo, un musicista che desume i meccanismi della grande improvvisazione traendoli direttamente dai dischi, da coloro che li hanno creati e vissuti, restituendoli nella pagina scritta con estrema chiarezza. Mi ha colpito, fra gli altri, il capitolo che riguarda l’utilizzo da parte di Coltrane, di Michael Brecker o di Benny Golson di una sola scala nei cosiddetti “Coltrane Change”, un argomento complesso ma, alla fine, di facilissima fruibilità. Mi sento di dire che questo terzo libro non può mancare nella biblioteca di chi possiede i precedenti due volumi, un libro che raccomando a tutti i musicisti di jazz, ai didatti e, perché no, anche a chi volesse fare una lettura diversa dal solito. Un testo intrigante, dettagliato storicamente e sotto l’aspetto tecnico. Alla fine mi va anche di sottolineare la modestia del suo autore riportando un periodo del pianista a conclusione del capitolo 6:”…L’improvvisazione, non è certo cosa nuova, è la manifestazione di un
complesso processo musicale che è profondamente radicato nelle forze
emotive, intellettuali e culturali dell’individuo i cui segreti più profondi
un semplice libro, per quanto il suo autore s’impegni, non può certo rivelare.”