Foto: Archivio Fabio Ciminiera
Gabriele Coen Quartet in concerto. Tributo a Leonard Bernstein
Genova. Palazzo Ducale – 15.1.2019
Gabriele Coen : clarinetto, sax soprano
Alessandro Gwis: pianoforte
Benny Pennazzi: violoncello
Danilo Gallo: chitarra basso
Gabriele Coen ritorna al Palazzo ducale di Genova due anni dopo aver dedicato un concerto a Kurt Weill, sempre nell’ambito delle iniziative per la celebrazione del giorno della memoria. Stavolta è Leonard Bernstein al centro di un progetto che sarà documentato discograficamente dalla label Parco della Musica. Introduce la serata Stefano Zenni che si sofferma sui molti aspetti della personalità del grande direttore d’orchestra e compositore di origine ebraica. Bernstein, oltre alla musica, si è distinto per posizioni molto coraggiose nei confronti della società americana, schierandosi con i partiti di sinistra e auspicando un’America dove i principi di tolleranza e di integrazione fossero al centro dell’attenzione politica. Nelle sue opere, poi, traspare l’amore per il jazz, oltre che per la tradizione ebraica e per la musica classica.
Come affermava Schoenberg riguardo a Gershwin: «Nelle sue sinfonie si riconoscono le varie componenti, che estrapolate una per una magari non convincono pienamente, ma messe tutte assieme formano una sintesi stilistica molto interessante.» Si può traslare questa affermazione per il maestro di Lawrence, come suggerisce Zenni, al solito abile nel descrivere le coordinate estetiche dei musicisti da lui analizzati in maniera divulgativa, efficace e stringata.
Il concerto inizia con la rilettura di brani celebri da West Side Story, il famoso musical. Manca “America”, però, forse la canzone più nota. Gli arrangiamenti di Andrea Avena conservano una veste simile ai pezzi originali adattando l’esecuzione, inevitabilmente, dall’orchestra al quartetto. Le belle melodie vengono valorizzate da Coen che si adopera per raccontare, con i suoi strumenti, la sfortunata storia di Tony e Maria, moderni Romeo e Giulietta. Il clarinetto e il sax soprano scivolano leggeri sulle armonie e apportano minime variazioni, rielaborando i temi con un approccio, comunque, fondamentalmente jazzistico.
Alessandro Gwis realizza un ricco e florido accompagnamento al pianoforte con il suo tocco classico, inondando la sala con una selva di note, non una sola di queste fuori dal contesto.
Danilo Gallo alla chitarra basso è un po’ penalizzato dall’acustica dell’ambiente che fa rimbombare le sue note gravi. Per il resto, il bassista segue attentamente la partitura e garantisce un sostegno ritmico di impulso e di rinforzo alla band.
Benny Pennazzi opera in coppia con Gallo, raddoppiandone la voce, o sfodera l’archetto sul violoncello per disegnare i motivi e decorarli con la giusta dose di colore.
A “West Side story”, succedono canti ispirati alla cultura ebraica, provenienti da opere meno popolari di Bernstein. Pure in queste rivisitazioni brilla il leader del gruppo per la capacità di coniugare il folklore israelita rivestito di abiti classici con un idioma mutuato dal jazz, transitando attraverso il klezmer. Una sorta di quadratura del cerchio, insomma, cercata e ottenuta, più agevole da fruire con le orecchie che da spiegare. Chiude il concerto come bis “Some other Time”, incisa anche da Bill Evans, e i quattro protagonisti la suonano come uno standard, qual esso è.
Il pubblico dimostra di apprezzare questa nuova tappa progettuale di Gabriele Coen, un musicista che tenta ogni volta sfide più impegnative per superarle con una certa disinvoltura. A questo punto, viste le confortanti premesse della serata, non ci resta che aspettare l’uscita del cd previsto per la fine del 2019.
Segui Jazz Convention su Twitter: @jazzconvention