Chris Potter – Circuits

Chris Potter - Circuits

Edition Records – EDN1123 – 2019




Chris Potter: sax tenore, sax soprano, clarinetti, flauti, campionatori, chitarre, tastiere

James Francies: tastiere

Linley Marthe: basso elettrico

Eric Harland: batteria








Chris Potter è certamente una voce preminente e importante nel panorama jazzistico internazionale. La rivista Downbeat parla di lui come «uno dei sassofonisti più studiati (e copiati) del pianeta». Attivo fin dai primi anni ’90 ha collaborato con i più interessanti ed influenti jazzisti di sempre: Herbie Hancock, Dave Holland, John Scofield, Jim Hall, Pat Metheny, Paul Motian, Dave Douglas, Ray Brown sono per citarne alcuni.


Dopo l’ultima fatica con l’Underground Orchestra e l’album Imaginary Cities, per l’etichetta Ecm Record, lo ritroviamo con una nuova formazione inedita per la vivace e curiosa etichetta britannica Edition Records.


Potter sceglie di spostare l’attenzione verso l’elettronica sfornando un album fondamentalmente fusion in cui la il funky, il rock ed il jazz vengono miscelati sapientemente con un uso di tastiere e strumenti amplificati elettricamente. L’uso del basso elettrico e delle tastiere già manifestano la direzione del progetto. Se le sonorità inevitabilmente ci rimandano ai Brecker Brothers, l’attenzione per le dinamiche e i molteplici strumenti ad ancia utilizzati dall’artista di Chicago, denotano una sensibilità oltremodo non presente nella fusion tradizionale.


Basta ascoltare l’introduzione del clarinetto in The Nerve che man mano sale e si apre con un tema dal sapore orientale.


Circuits diverte per la preminenza del basso dal timbro compresso e morbido con un forte sapore groove, Harland è reattivo e molto funky nell’approccio allo strumento. Francies sfoggia timbri di tastiere anni ’70 che ci riportano indietro nel tempo. Potter manifesta una potenza ed una sonorità corposa e voluminosa.


Hold It è il manifesto dell’intero album: siamo improvvisamente ritornati agli anni a metà degli anni 70, Potter espone il tema semplice e diretto coadiuvato da Harland che pare trovare molto divertimento a manifestare il proprio animo funky.


Queens of Brooklyn permette a Potter di cimentarsi con sassofono, flauto e clarinetto ma anche con la chitarra, che interviene in maniera discreta: forse l’unica traccia che si discosta dall’album con il suo approccio intimista.


L’album si chiude con Pressed for time, brano in cui il sassofono è caricato di effetti, in particolare il delay; batteria e tastiera saturano il brano con Harland che lavora su tempi sincopati molto rapidi ed energia da vendere.


Un progetto sicuramente insolito che ci offre un Potter inedito che testimonia un amore inaspettato per il genere fusion e forse un pizzico di nostalgia per gli anni settanta, epoca d’ora del genere.




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