Foto: copertina del libro
Antonio Marangolo. Wayne Shorter e il jazz incerto
Mimesis – 2018
Antonio Marangolo è un musicista noto, oltre che per le sue frequentazioni jazzistiche, per aver collaborato con i più bei nomi del cantautorato italiano, da Conte a Guccini, da Endrigo a Capossela…Oltre a questa attività, l’artista siciliano si dedica alla pittura con uno stile piuttosto personale e alla scrittura di romanzi e racconti venati di un’ironia surreale. È, quindi, un personaggio multiforme con svariati interessi e idee ben chiare. Il breve libro su Wayne Shorter è quasi un atto dovuto, da parte di un competente ammiratore, verso un protagonista assoluto del jazz degli ultimi cinquant’anni ancora sulla scena e in grado di ottenere riconoscimenti prestigiosi, come la recente vittoria nel referendum della rivista Musica Jazz, a ottantacinque anni suonati (come scrive Marangolo). Il saggio non ripercorre dettagliatamente le tappe della parabola artistica del sassofonista di Newark. Si sofferma, invece, su alcuni momenti essenziali e centra l’attenzione sulle concezioni estetiche, sull’approccio ai contenuti della musica, come specchio delle esperienze di una vita vissuta con un atteggiamento meditativo e spirituale. Non per niente il testo più conosciuto su Shorter si intitola proprio “Wayne Shorter il filosofo col sax” ed è stato scritto da Michelle Mercer, biografa ufficiale del tenorista.
Durante la sua luminosa carriera il sassofonista ha suonato con Miles Davis raggiungendo «la cima più alta dello sviluppo di quel jazz acustico e tradizionale che altrimenti sarebbe rimasto a un punto morto» come si legge in un capitolo. La successiva svolta elettrica per l’autore non è derivata da meri calcoli commerciali, per incrementare il numero dei fruitori, come sostengono alcuni critici accreditati, bensì dalla necessità di dare una sterzata, di causare una rottura con il passato e di alzare un ponte verso il futuro.
Il rapporto con Zawinul all’interno di Weather Report è sintetizzato, inoltre, nella definizione del tastierista austriaco come “grande costruttore di suoni”, architetto di un tessuto armonico e ritmico su cui il sax soprano può «volare come un uccello del paradiso» o, viceversa, limitarsi a decorare il tutto con piccole, appropriate macchie di colore, apparentemente non particolarmente indicative, ma capaci di dare nuovo senso al quadro d’insieme.
Notevole attenzione è, poi, dedicata allo stile di Shorter, unico e impareggiabile, sia nel suono che nel fraseggio, tanto da rappresentare degnamente la “drammaturgia melodica”, la capacità, cioè, di far filtrare un messaggio, un interrogativo su cui riflettere, dalle note emesse dallo strumento in ogni circostanza.
L’ultima parte dell’opera è riservata ad un’analisi della proposta del quartetto acustico con Danilo Perez al pianoforte, John Patitucci al contrabbasso e Brian Blade alla batteria, ancora attivo a diciotto anni dalla sua formazione. A parere di Marangolo questo gruppo rappresenta al meglio gli anni incerti, di cambiamento continuo, che stiamo vivendo, poiché non si basa su un “tempo intellegibile”. Il ritmo, dunque, si appalesa come “un dono” all’interno di un discorso individuale e collettivo apparentemente antitetico, su cui il bandleader interviene “da una piccola finestra” per creare altre domande, insinuare dubbi insidiosi nell’ascoltatore avvertito.
Nelle pagine finali scorriamo la cronaca minuto per minuto della tranche di un concerto parigino del combo, in cui si apprezza l’abilità dello scrittore di interpretare le intenzioni, le volontà recondite sottostanti il flusso musicale prodotto dalla “all stars” sul palcoscenico.
Con questo lavoro, in conclusione, il musicista di Acireale rende un omaggio affettuoso ad uno dei suoi punti di riferimento, esponendo nel contempo, il suo modo di intendere il jazz e la musica in generale. Per Marangolo sono da evitare la ripetizione di formule abusate, i pattern, la bella forma svincolata dalla sostanza, le strade troppo facili, già percorse in lungo e in largo da una maggioranza di strumentisti in precedenza, per cercare una via personale all’arte, che esprima i fermenti e le peculiarità del mondo contemporaneo.
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