Dave Liebman / Adam Rudolph / Hamid Drake – Chi

Dave Liebman / Adam Rudolph / Hamid Drake - Chi

RareNoise – 2019





Dave Liebman: sax soprano, sax tenore, pianoforte in Formless Form, wooden recorder

Adam Rudolph: handrumset (kongos, djembe, tarija), pianoforte in Becoming, sintir, multi-phonic vocal, percussioni, elettronica

Hamid Drake: percussioni, voce







A circa un anno di distanza dall’uscita di “The Unknowable”, inciso in compagnia di Adam Rudolph e di Tatsuya Nakatani, Dave Liebman pubblica un altro CD, sempre per la Rarenoise, in cui torna a dialogare con una coppia di percussionisti. Accanto ad Adam Rudolph, però, siede l’afroamericano Hamid Drake al posto del musicista di origine nipponica Nakatani. Il disco proviene da una registrazione live da “The Stone” di New York. Siamo in presenza di sei tracce frutto di un’improvvisazione assoluta che, a ben guardare, va a costruire una sorta di suite a posteriori, tanto è saldo il legame fra i brani, pur non avendo, il trio, programmato nulla in precedenza.


La proposta dell’album vive sui contrasti o sulle convergenze fra i sassofoni e il pianoforte di Liebman e la pletora di strumenti a percussione messa in campo da Rudolph e Drake.


Il sax soprano disegna linee curve, ascendenti, per mezzo di uno staccato insidioso, fino a proiettarsi su note acute vicine al sibilo all’interno di un fraseggio contorto che inclina, spesso, verso vertici di tensione crescente. Il sax tenore, utilizzato con frequenza inferiore, sostiene di norma atmosfere meno cariche di pathos, esplora i motivi, le scabre melodie, anche se, in determinati momenti, parte per la tangente e brucia letteralmente tutto quello che trova attorno. Le tastiere, suonate pure da Adam Rudolph, servono, per contro, per arricchire timbricamente gli insiemi, aggiungono, infatti, colori e fragranze al discorso complessivo.


Adam Rudolph, oltre a battere su un set di percussioni piuttosto eterogeneo, sfoggia il sintir, una specie di rudimentale chitarra basso di origine etnica, e sparge macchie di suoni elettronici all’occorrenza con il suo sofisticato apparato tecnologico per complicare o movimentare il flusso musicale creato in simultanea. Hamid Drake, da parte sua, assicura un sostegno di impronta africana, pulsante e iterativo e completa così la triade, fra due raffinati jazzisti con lo sguardo rivolto verso il contemporaneo e una voce attenta a riportare tutti verso la terra dove il ritmo ha avuto origine.


A 73 anni, il polistrumentista di Brooklyn non accenna a mollare la presa, ma anzi continua ad essere un protagonista del jazz di oggi. Nel 2018 Liebman, infatti, ha licenziato diversi album pregevoli a suo nome con varie formazioni. L’inizio del 2019, poi, ha visto l’uscita di quest’opera sicuramente interessante, che conferma la sua abilità come improvvisatore-compositore istantaneo. Se per altri l’improvvisazione senza rete costituisce una specie di scommessa, per il musicista americano esistono molto meno margini di rischio, in virtù di una esperienza consolidata in suddetta pratica e grazie ad una naturale attitudine a dare forma e struttura conseguente a quanto va a comporre insieme a partners scelti accuratamente per il loro approccio progettuale nei riguardi della materia sonora.




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