The Comet is coming @ Monk Club, Roma

Foto: Fabio Ciminiera










The Comet is coming @ Monk Club

Roma. Monk Club – 10.5.2019

Shabaka Hutchings aka “King Shabaka”: sassofono

Dan Leavers aka “Danalogue”: tastiere, live electronics

Max Hallett aka “Betamax”: batteria

Distruggere illusioni, manifestare nuove realtà, fare in modo che possano coesistere livelli di conoscenza. Il manifesto proposto dal sito di The Comet is coming si traduce in un concerto intenso e travolgente, muscolare quanto capace di giocare con le dinamiche e con i diversi elementi evocati dai brani. Di volta in volta, si ascoltano psichedelia rock e certe derive astrali, riff taglienti e rimandi all’estetica del dancefloor, manipolazione elettronica del suono e attitudine modale. La conformazione della band rende possibili cambi repentini di atmosfere musicali: la potenza sonora trascinante dei brani viene stimolata di continuo ma sempre tenuta sotto controllo, rilanciata ma mai portata fuori giri. Sono le tante pulsioni che si incrociano nella musica di The Comet is coming a indirizzarne la gestione: un equilibrio dove si combinano scelte essenziali, volte a rendere le strutture solide e capaci di sostenere l’impatto della notevole forza d’urto del trio.


La voce del sassofono di Shabaka Hutchings diventa un vero e proprio “ariete di sfondamento”: carisma e dedizione, presenza scenica e ruolo dello strumento danno un continuo impulso alle evoluzioni tracciate dal sassofonista e anche la necessità di respirare dopo le tirate più fulminanti diventa utile per poter variare il filo logico del concerto. In un contesto tanto energico e tirato, una complicazione fine a sé stessa renderebbe illeggibile e cacofonico il tutto: la ricetta di The Comet is coming è creare una sintesi intrinseca, vissuta dai tre musicisti come lingua naturale della loro espressione, e sommare i vari ingredienti “a posteriori” in un insieme incoerente e privo di connessioni. Una compattezza all’interno della quale si riascoltano gli elementi che si elencavano prima – e anche molti altri, a dirla tutta – ma non si possono più districare gli uni dagli altri. Il potente e incalzante motore ritmico di Max Hallett offre un sostegno sfaccettato sul quale si appoggiano tanto i riff di provenienza chitarristica quanto le virate più coltraniane del sassofono: una applicazione, allo stesso tempo, duttile e “tosta”, un disegno articolato e diretto, mai banale e mai complicato. Senza basso e senza strumenti armonici canonicamente intesi, il raccordo tra voce e ritmo viene delineato dalle intuizioni di Dan Leavers: da una parte, questo offre la possibilità al sassofonista di impostare liberamente le proprie frasi, di muoversi con indipendenza rispetto ai raccordi consueti, di “saltare” dal modale al tonale e di evocare il blues più ancestrale; dall’altra, l’ampia gamma di soluzioni portate dall’elettronica si rivela una ulteriore chiave per gestire la sintesi proposta dal trio.


In poco più di un’ora e tre quarti, The Comet is coming trascina il pubblico nella sua costruzione di articolata essenzialità. La scelta di legare i brani tra loro riesce a dare un senso di continuità espressiva ancora più serrato e rende ancora più coerenti i passaggi tra i momenti più energici e le aperture più immaginifiche, oltre a ridurre pause e potenziali cali di tensione. Hutchings, Leavers e Hallett costruiscono con determinazione ed equilibrio un percorso trasversale e capace di innescare numerosissime connessioni, una musica ricca di punti di riferimento ma in grado, allo stesso tempo, di non rimanere ferma sui passi già battuti.



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