PJJ – PJJ05 – 2019
Peter Arts van der Zanden: flauto, flauto alto, flauto basso
Fred van Duynhoven: batteria
Talvolta ritenuto un corpo relativamente estraneo nell’organismo strumentale del jazz, condividendo una posizione mis-considerata con un similare outsider quale il violino, il flauto riesce più apparentabile al mondo etnico e classico ed alle formazioni cameristiche che a quelle più canoniche del jazz, in realtà avendone certamente (e regolarmente) fatto parte nelle primissime aggregazioni spontanee degli strumentisti afro-americani, salvo poi defilarsi nelle più correnti evoluzioni del canone.
La vita comunque non effimera del flauto jazz si è articolata lungo una filiera di personalità non necessariamente (anzi!) in continuum idiomatico, tra cui possiamo enumerare Eric Dolphy, Sam Rivers, Yusef Lateef o Nicole Mitchell (non tutti con esclusiva devozione allo strumento), e con interesse salutiamo la prova di un combo olandese assai stringato che pone lo strumento in oggetto alla punta solistica: Peter Arts van der Zanden è maturo solista vantante frequentazioni jazz attualmente esplicitate in forma di duo (alternandosi tra questo ed uno ulteriore con il chitarrista Barend Tromp), qui incontrando sponda percussiva nello sperimentato Fred van Duynhoven.
Quanto al programma, non ci aveva sfiorato il sospetto che i materiali dell’album comprendessero una qualche forma dedicataria alla figura di Charlie “Bird” Parker (peraltro devoluto a ben differente strumento), facendo il titolo Bird’s Song invece riferimento alla privata passione del flautista, appassionato “osservatore ornitologico”: in effetti, non è minima la connotazione naturalistica, forse ancor più che etno-rituale, esplicitata da quanto disegnato dal soffio di van der Zanden, abile ad articolare nel corso del programma morfologie di solida musicalità, che incorporano vari caratteri formali, transitando da linearità post-classiche a spiritualità blues, esibendo a tratti allure danzante così come (e più sovente) anti-schematismo d’ispirazione free, forse soffrendo a tratti degli inevitabili limiti dell’arsenale strumentale in gioco ma comunque catturando l’attenzione nel corso della performance mercé un’emissione fluida modellata da un naturale istinto armonico (frutto anche delle parallele esperienze cameristiche del Nostro).
Versatile e relativamente concitato, l’aperto e partecipe apporto percussivo di Fred van Duynhoven (già braccio ritmico di locali talenti quali Ab Baars o Ig Henneman) ben si dispone ad assecondare le escursioni del flauto con apprezzabile senso dell’invenzione, attingendo insieme a più riprese a completezza scenica.
Entro la più che onesta e motivata operazione, se lo sperimentato solista neerlandese non ardisce a scalfire il podio (peraltro scomodo per le preliminari considerazioni) dei grandi confratelli, senz’altro “ci mette del proprio” in una proposta nient’affatto povera di spunti d’interesse e certamente inusuale, da rivalutare nel riascolto.
Sito web: peterartsvanderzanden.nl
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