Pasta Nera Jazz Project, la tradizione garganica tra jazz e folk

Foto: la copertina del disco










Pasta Nera Jazz Project, la tradizione garganica tra jazz e folk

Antonio Pizzarelli: clarinetto, clarinetto basso, sax soprano, sax tenore

Felice Lionetti: pianoforte, composizioni, arrangiamenti

Giovanni Mastrangelo: contrabbasso, fischio

Antonio Cicoria: batteria


con la partecipazione di:

Maurizia Pavarini: voce recitante

Mariagrazia Speranza Poliseno “Mary Grace”: voce

Coro Pasta Nera

Tradizione e jazz molto spesso hanno una vita simbiotica. La musica folk è insita nel DNA del jazz – si pensi alle ricerche di Alan Lomax – e questo fa si che i suoni afroamericani si sposino con le tradizioni dei singoli paesi. La Puglia da questo punto di vista è una offcina storicamente molto attiva. Pasta Nera è un progetto nato dall’incontro tra Felice Lionetti e Antonio Pizzarelli e s’inserisce in quest’ottica, esaltando musiche e parole del Gargano attraverso un lavoro particolare e affascinante nelle sue implicazioni storiche e sociologiche. Abbiamo chiesto a uno degli ideatori del progetto, Felice Lionetti, di raccontarci di che materia è fatta Pasta Nera.



Jazz Convention: Come nasce il progetto Pasta Nera e perché questo titolo?


Pasta Nera: Pasta Nera è il titolo di una canzone del cantastorie di Apricena Matteo Salvatore. Pasta sta a significare impasto, mentre Nera come la Black Music, i work song, e gli elementi autentici del linguaggio idiomatico della cultura afroamericana.



JC: Il gruppo era già esistente o è stato messo in piedi per Pasta Nera attraverso una condivisone d’intenti?


PN: Il Pasta Nera Jazz Project nasce nel 2018 dall’incontro di due musicisti di Capitanata il pianista e compositore Felice Lionetti ed il sassofonista e clarinettista Antonio Pizzarelli, entrambi appassionati di jazz ma anche di musica tradizionale, ai quali si aggiungono il contrabbassista Giovanni Mastrangelo e il batterista Antonio Cicoria.



JC: Il progetto Pasta Nera vuole essere un incontro tra il jazz – le cui radici sono rurali – e la cultura musicale contadina del Gargano e della Daunia che ha in Matteo Salvatore il massimo esponente. Come vi siete approcciati? Cosa c’è in comune tra le due culture? Che tipo di arrangiamenti avete adottato per preservare la componente melodica?


PN: Trovare una possibile connessione tra il jazz e la tradizione popolare del Gargano e dei Monti Dauni è uno dei motivi che hanno ispirato la nascita del Pasta Nera Jazz Project. Progettare il futuro senza dimenticare le radici, la storia, il patrimonio tramandato dalle voci e dagli strumenti delle vite passate. Si dice che il blues sia nato in America, beh se si ascolta la traccia numero nove intitolata La Carpinese si può notare che la melodia al suo interno ha le blue bote tanto care agli africani deportati tempo fa nelle americhe. C’è da dire che sicuramente la fusione di stili musicali etnici è avvenuta nel Gargano e nella Daunia in generale molto tempo prima rispetto al processo di commistione sonoro-musicale avvenuto nelle Americhe. Nella Daunia la fusione è tra la cultura arabo-saracena, napoletana e quella tipica e originale del territorio. Questo progetto musicale vuole essere un tributo alla tradizione popolare di Capitanata, rivitalizzata in chiave jazz. Altro obiettivo importante del Pasta Nera Jazz Project è quello di ricercare la bella ed antica melodia che affonda le radici nelle varie e continue contaminazioni sonore-culturali avvenute nel corso del tempo. La tradizione popolare incontra il jazz, è questo lo spettacolo musicale del gruppo, un viaggio tra le perpetue trame e l’energia vitale della Tarantella di Carpino, le melodie dei Monti Dauni e le più belle ballate d’amore, fatica ed ingiustizia del cantastorie apricenese Matteo Salvatore ma anche di composizioni originali, dove le melodie più celebri di queste tradizioni rivivono nell’appassionata interpretazione del gruppo in chiave jazz e moderna.



JC: E quale è il ruolo della tarantella in Pasta Nera?


PN: Nella composizione “Mamma Mamme me moro me moro” elaborata sottoforma di suite da parte del pianista, vi è un uso del ritmo della tarantella; si tratta di una variazione melodica del tema portante. Nel brano la Carpinese invece vi è un ritmo di tammurriata dal groove e sound mediterraneo.



JC: Il jazz è una cultura musicale che ne assomma delle altre: quello europeo dialoga spesso con la tradizione folk e in Italia abbiamo Pino Minafra come massimo esponente. Spesso questo connubio è visto dal versante free. Il vostro quale è? .


PN: Anche open, perché no. Nei live il gruppo si apre ad esperienze sonoro-musicali free. La melodia popolare ha lo stesso trattamento che ha la melodia di uno standard in una esecuzione jazz. Il tema è il volano di tutto. Il Pasta Nera Jazz Project si è approcciato alle stupende e magiche melodie popolari della Daunia tenendo sempre in evidenza l’aspetto melodico e il groove e l’interplay dei componenti.



JC: Perché avete scelto uno strumento a fiato e non la chitarra come è da copione folk?


PN: Abbiamo pensato di fare un tipico quartetto jazz e poi con gli strumenti a fiato meglio si riusciva a far emergere la melodia dei brani. Ad esempio il clarinetto basso con il suo timbro scuro simula la voce del contadini e cantori che cantavano quei brani popolari; il sax soprano rimanda alle sonorità saracene e meglio si inseriva nel sound e mood dei brani come Pasta Nera, Mamma mamma, La vadda di Stignano; infine il sax tenore solamente nella Montanara di Carpino, perché meglio si inseriva in questa rielaborazione moderna della famosa tarantella del Gargano, e nell’ultimo brano che è la Rodianella, arrangiamento calypso di un’altra tarantella di Carpino.



JC: Parte delle composizioni sono originali e scritte da te. Da quale prospettiva le hai composte, da quella jazz o folk?


PN: Ho pensato alle melodie che fotografassero da vicino emozioni e sensazioni dei luoghi, una sorta di foto-musica; ho messo in musica l’emozione del luogo attraverso un’immagine e l’esperienza vissuta fisicamente ed emotivamente a contato con il luogo e le favole antiche tramandate.



JC: Le altre sono di Matteo Salvatore ed alcune tratte dalla tradizione popolare riarrangiate. Di queste ultime avevate un vasto repertorio da cui scegliere o queste ballate faceva parte del vostro immaginario?


PN: Tra il vastissimo repertorio abbiamo scelto le canzoni che più si prestavano ad un adattamento per quartetto jazz con delle melodie tra le più belle ed autentiche di Matteo Salvatore.




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