Foto: Alberto Ferrero
Luca Biggio Quartet @ Le Ginestre.
Torino, Le Ginestre – 2.10.2009
Luca Biggio: sax tenore
Max Carletti: chitarra
Mauro Battisti: contrabbasso
Gigi Biolcati: batteria
Piccolo iter tra i locali piemontesi votati al jazz. Dove – tra conferme e vere innovazioni – Vi proporrò un vero percorso concettuale, qualche volo del pensiero, la descrizione di luoghi che cercano di travalicare i cliché e fanno emergere dal sottobosco creativo tutti gli spunti interessanti che questa terra sta producendo. E’ un buon momento questo, per parlare della musica che amiamo, e in Piemonte c’è davvero molto fermento. Inoltre, non essendo nata qui mi sento del tutto scevra da campanilismo nel percepire quest’atmosfera: posso dunque parlarne da osservatrice, cercando una qualunque obiettività. E la realtà è che c’è parecchio da dire.
Il viaggio inizia con un excursus su uno dei nomi più cari all’universo dei jazzofili in città. Una sorta di cave piuttosto soffusa e romantica, foto in bianco e nero alle pareti (di Alberto Ferrero, un nome importantissimo nel settore e un appassionato d.o.c.), una cucina ricca e gustosa dove ogni portata appartiene al “menù jazz” (10 euro per antipasto, primo, secondo e persino dessert…) e nomi assai prestigiosi che spesso passano di qui anche solo per omaggiare il proprietario Antonio Santucci o la bella figlia Camilla – cantante jazz in nuce, e ogni anno più brava.
Siamo al Jazz Club Le Ginestre (www.leginestre-jazz.it), incastonato tra i palazzi un po’ decadenti del quartiere popolare di Barriera di Milano a un angolo di strada dove a pranzo gli impiegati delle aziende vicine mangiano tra spartiti, bacchette, ritratti di musicisti, a volte mostre permanenti di dipinti in tema, ragazze che servono a tavola indossando magliette con il logo di “Jazz in Barriera”. Gente forse che il jazz non lo approfondisce, ma lo respira qui. Personalmente penso sia una splendida operazione persuasiva, senza forzature.
Continuano anche per il mese di marzo le programmazioni di tipo istituzionale, ossia la jam session al lunedì e una nuova serata con cadenza quindicinale, denominata “Casablanca Night Jam Session’, dove pare possa accadere di tutto nel dipanarsi delle sonorità, nonché i concerti del venerdì e del sabato. Previsto a metà marzo un seminario con il batterista Billy Hart, già grandissimo strumentista con Jimmy Smith, Stan Getz, Wes Montgomery, Herbie Hancock e un concerto con il Tony Arco Trio, oltre naturalmente agli autorevoli concerti tenuti da alcuni musicisti autoctoni molto importanti, e davvero bravi come Fabio Giachino, Giorgio Fiorini, Emilio Bernè, Alessandro Maiorino, Alessandro Minetto, Alfredo Ponissi, solo per citarne alcuni. In realtà una parte minima.
Spesso si esibiscono gruppi emozionanti come quello formato dal sassofonista Luca Biggio con Max Carletti alla chitarra e una sezione ritmica formata da Mauro Battisti al contrabbasso e Gigi Biolcati alla batteria. l’ultima volta che ho potuto essere presente a un loro concerto è stata davvero una gran serata. Biggio è uno strumentista molto particolare, con il suo tenore riesce a riprodurre un pensiero, un nodo da sciogliere. Ha una postura stranissima, si china, si contorce, tende lo strumento verso l’alto, lo inclina, lo accompagna nel proprio percorso emozionale e nelle sue frasi rallentate, spezzettate, intense anche una pausa bianca sa creare un suono. Ti fa sentire dentro il jazz, Luca, e così anche i musicisti di cui si circonda riescono a rendere questo linguaggio non verbale e potrei dire “irrazionalmente armonico’. Carletti avverte l’urgenza di espressione del sax e compete con una tecnica perfetta e un’indole trascinante alla tensione di questa musica. Senza alcuna enfasi. Battisti saltella, sorride e corteggia il contrabbasso, Biolcati a un certo punto si toglie persino le scarpe, picchietta i tom e poi usa spazzole come se piovesse, letteralmente… Biggio percuote il metallo del sax, Battisti il legno, Max butta lì note cantate come gocce. Un temporale estivo, all’improvviso nella cave buia seduta in spazi limitatissimi e incollata da entrambi i lati al pubblico del jazz, a bocca aperta aspettando i finali di Luca. Incerti, mai definitivi e lasciati all’improvvisazione. Magnifici.
Recentemente il locale ha creato insieme al Jazz Club Torino – di cui parleremo prossimamente – una bella serata solidale chiamata “Haitian Fight Song. Italian Jazz For Haiti” che prendendo spunto dal riff vibrante di Charles Mingus ha radunato moltissimi musicisti per dare vita a un progetto dove i proventi della serata sono stati devoluti all’associazione Medici Senza Frontiere, come supporto simbolico per le popolazioni colpite dal sisma. Sto scrivendo di questo, e sono le ore in cui ancora si sta scavando sotto le case del Cile. Mi percorre un brivido e un senso di ineluttabilità, ma forse ci saremo anche in quest’occasione.
Con quel poco che possiamo tra le nostre passioni.