Franco D’Andrea – A Light Day

Franco D'Andrea - A Light Day

Parco della Musica Records – 2019






Franco D’Andrea: pianoforte





«Uno storico che lavora con documenti dell’avvenire» (“Respirazione artificiale”, Ricardo Piglia)


La frase di Ricardo Piglia non è una appropriazione indebita ma una legittima licenza per etichettare con parole preziose il ruolo di Franco D’Andrea in questo suo nuovo disco in piano solo. Una registrazione, stando alle parole del pianista, nata come in un film di Wes Anderson, spesa alla ricerca per Roma di un pianoforte di qualità. Gli inizi di una giornata tormentata non hanno per nulla scalfito la classe del nostro pianista. Quello che è venuto fuori in ventiquattro ore è un disco doppio, anche negli umori e nei sensi, suddiviso in Morning Suite – spigliato -, e Afternoon Suite – pacato -. È nella storia artistica di D’Andrea che quando si spinge molto in avanti, elabora progetti complessi e complicati, porta la sua musica su livelli e dimensioni che a volte collidono con il “reale” – mettendo assieme sette elementi più un DJ -, per narrare al mondo il suo jazz intervallare, beh!, eccolo che si “rifugia” nel suo amato piano solo. Lo fa per rimettere apposto pensieri e tecnica oppure, al contrario di Achab, per navigare in mari procellosi in solitudine, rischiando solo se stesso, per poi donare ai suoi marinai una nuova mappa da consultare, e suonare, per il prossimo viaggio? È il mistero di D’Andrea! Un arcano che si svela soltanto con l’ascolto e l’interpretazione della sua musica! Musica che tiene inchiodato l’ascoltatore con i suoi passaggi temporali da un’epoca all’altra del jazz, riviste e rivissute attraverso i tasti di un pianoforte che suona come un’orchestra, che ha una ritmica di sole cinque dita ma una formidabile resa da basso e batteria. Usa frammenti di storia, dai titoli forse usurati dal tempo e dalle convenzioni, St. Louis Blues, Livery Stable Blues, Original Dixieland One Step, che poi trasforma in materia altra, modernizzata, modellata e ridefinita nella sua essenza spirituale e temporale: pronta e rimessa nella careggiata dell’immortalità. Il piano solo per ribadire l’unicità del suo jazz, dove l’improvvisazione fa da ponte, rende scorrevoli i passaggi tra un pensiero antico rielaborato e una composizione intervallare da formulario farmaceutico, P4 + P5. Entrambe le cose rivelano pensiero e filosofeggiare di un’alchimista dei suoni e del tempo, che compone, arrangia e armonizza come fosse un prisma all’incontrario: cattura le onde cromatiche per trasformarle in un’unica luce, la sua.




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