Foto:la copertina di “Redder Level”
Labirinti Sonori batte tre colpi
Escono per “Labirinti Sonori” tre cd in cui è protagonista, a diverso titolo, Stefano Maltese, polistrumentista palermitano, siracusano d’adozione, anima e mente della stessa etichetta siciliana.
Il primo doppio album, “Redder Level”, vede in azione “Sonic Mirror”, gruppo a formazione variabile capitanato da Maltese e comprendente, in questa circostanza, la giovane Roberta Maci alle ance e al flauto, Fred Casadei al contrabbasso e l’alter ego percussionistico del bandleader, il batterista Antonio Moncada. Si tratta di una registrazione live del 2018 proveniente dalla rassegna di Siracusa, denominata appunto Labirinti sonori. I cd contengono una musica fortemente caratterizzata, dove si palesa con tutta evidenza il debito verso il free storico degli anni sessanta-settanta, sponda afro-americana, mutuato da una sensibilità aperta ad altri tipi di mescolamento, con le arie del Mediterraneo, ad esempio, o con gli echi di un jazz antico, insito nelle corde, nel profondo, dei quattro protagonisti dell’incisione. I due sassofonisti mordono letteralmente le note negli assoli, lunghi e bene articolati, dopo aver esposto all’unisono il tema, solitamente scarno, avaro di ricami e di abbellimenti. È musica senza fronzoli, dura e pura, cioè. Chi cerca il “bel suono”, comunemente inteso, è consigliato di rivolgersi altrove. Casadei e Moncada, da parte loro, realizzano un accompagnamento solido e uniforme, uno sfondo tetragono, inscalfibile. Si procede su questo tipo di proposta per più di un’ora e mezza, senza concessioni di sorta ad un presunto gusto popolare. Sonic Mirror è questo. Non ci sono spazi per possibili aggiustamenti strategici. La new thing, l’Africa, i fantasmi dei grandi maestri del jazz “nero”, fra gli altri John Tchicai a cui è dedicato un brano, si rivelano in controluce in quello che elabora questo quartetto di “resistenti” alle mode e all’usura del tempo, poichè si collocano proprio oltre, fuori dal tempo ordinario.
“I’m on the Way” è, invece, a nome di Roberta Maci, ma vi troviamo ancora gli inossidabili Maltese e Moncada, oltre a Giovanni Arena al basso e ad un ospite speciale, Alex Maguire, il cui nome magari non è conosciutissimo dalle nostre parti, ma basta stilare i nomi dei musicisti con cui ha inciso per farci capire con chi abbiamo a che fare. Si va da Elton Dean, infatti, a Sean Bergin, a Tony Bianco, sodale nel gruppo elettrico “Doubt”. Nell’album sono compresi tutti titoli originali, tranne Odwalla, “la sigla” dell’Art ensemble of Chicago. E qui il cerchio si riapre di nuovo o si chiude definitivamente. I riferimenti delle composizioni della giovane sassofonista ragusana sono, invero, ancora quelli, i chicagoani, Lacy, Roland Kirk, Mingus, il free-bop degli anni settanta. Un jazz di forte impatto e con un senso radicato nella tradizione, rivoltata come un calzino, quando occorre. La Maci si mette in mostra in alcuni assoli straripanti idee e saldezza nel seguirle passo passo. In particolare è decisamente convincente in “Antura”, dove gareggia in bravura, al flauto, con Maltese, sfoggiando tutto il campionario possibile sullo strumento, dall’ipersoffiato ai toni acutissimi, fino ad arrivare al fischio o ad un fraseggio spezzettato, nervoso e cogente. Maguire sguazza da par suo in queste atmosfere, mantenendosi abbastanza “classico”, però, non strabordando se non in alcuni segmenti, quasi per necessità fisiologica.
In Sicilia, in sintesi, la scuola di Maltese e soci può già vantare un’erede in tutto e per tutto all’altezza della situazione, Roberta Maci per l’appunto.
Il terzo cd “Sun and Fire” è registrato in duo da Stefano Maltese e da Alex Maguire. La coppia si affida completamente all’improvvisazione assoluta, formula indubbiamente rischiosa, ma che produce ottimi risultati, come in questo caso, se i protagonisti hanno menti progettuali e capacità di ascolto reciproco all’ennesima potenza. Nel disco, dal punto di vista timbrico, Maltese impazza letteralmente, producendo suoni multipli, sporchi, (s)trascinati, e sequenze svolte con la respirazione circolare oscillanti in alto e in basso, a seconda dell’intensità, o brevi parentesi riservate a colpi di lingua secchi e ben assestati sull’ancia con il resto dello strumento afono. In certi brani il sassofono spara mitragliate di note in fila. In altri momenti il passo rallenta e il clima diventa assorto, meditativo e il sax frantuma magari il discorso in mozziconi di forma sghemba.
Alex Maguire risponde con un pianismo dai toni scuri, cameristici, intercettando le intenzioni del partner e aggiungendo polpa e sapienza concertistica alle composizioni istantanee che sbocciano dall’inventiva reciproca, permettendosi anche qualche divagazione ritmica, andando a sfrucugliare dentro la cordiera del pianoforte in “Solar Hallucination”, ad esempio, vertice dell’intera performance. Non ci sono certezze e appigli sicuri a cui appoggiarsi, sentendo le evoluzioni del dialogo in duo, in fin dei conti, in nessuna traccia.
Dopo l’interessantissimo “Monade 1-4”, a firma di Maltese e Moncada, a distanza di qualche anno, la label siracusana continua con questi tre cd, di cui uno doppio, nella pubblicazione di una musica priva di compromessi con il cosiddetto mercato, ma, proprio per questo, decisamente coerente e pregiata.
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