Music Center – BA 243 CD – 2009
John Tchicai: sax tenore, flauto, voce
Greg Burk: pianoforte, flauto
Marc Abrams: contrabbasso, voce
Enzo Carpentieri: batteria, percussioni
Look to the neutrino si sviluppa intorno ad alcuni punti cardine. Innanzitutto John Tchicai, figura ieratica dell’improvvisazione radicale: la sua esperienza lo ha portato a confortarsi con la scena europea e statunitense e a mantenersi sempre coerente con la propria ricerca musicale e intellettuale, attraverso esperienze importanti e la costante e sempre fertile intenzione di cercare nuove ispirazioni. Enzo Carpentieri, batterista e organizzatore, ha formato il Lunar Quartet intorno al sassofonista, chiamando due musicisti esperti e dalla grande elasticità, anche loro “divisi” tra Italia e Stati Uniti, ricettivi alle varie suggestioni dell’improvvisazione. Altro aspetto importante è l’idea di flusso sonoro presente in tutto il disco, contenuto nella scelta circolare di inserire al termine della scaletta la ripresa di Look to the Neutrino, brano di apertura e title-track del disco: flusso sonoro rivolto alle diverse possibilità dell’improvvisazione radicale, animato di composizioni strutturate e dialoghi strumentali e con la partecipazione democratica di tutti e quattro i musicisti.
Se il neutrino è una particella elementare neutra, dalla massa estremamente ridotta, risultato di complicate reazioni a livello nucleare, capace di muoversi attraverso la materia e di fornire spiegazioni profonde nello studio e nelle teorie sulla struttura della materia, lo sguardo al neutrino proposto da Tchicai, Burk, Abrams e Carpentieri si rivolge grazie al flusso sonoro e alla costante apertura ai diversi approcci al’improvvisazione e alle varie stagioni della musica afro-americana – dalle scelte più informali alle reminiscenze profonde del blues, dai colori africani alle suggestioni della spoken poetry passando per i ritmi della tradizione del jazz, come swing e bop – punta direttamente alla radice del ragionamento, vale a dire mettere al centro della musica la necessità dell’interazione tra i vari elementi in gioco – i musicisti, in primo luogo; melodia, armonia, e ritmo; aspetti emotivi e razionali.
Il disco è pervaso da vigore ed energia, da una costante elettricità. Anche in Flute Calling, improvvisazione collettiva giocata sul dialogo tra percussioni, flauto e pianoforte, su una linea ostinata ipnotica del contrabbassi, in cui emerge la matrice africana, sicuramente uno degli episodi più pacati di Look to the Neutrino, il quartetto mantiene sempre alta l’energia potenziale del discorso. E allo stesso modo in Lost Time, tema lirico di Burk, la sospensione indefinita con cui la ritmica accompagna i solisti crea la tensione emotiva giocando sul senso di attesa che si crea nell’ascoltatore.
La lucidità di Tchicai si sposa in maniera perfetta con l’inventiva di Greg Burk, abile sia per quanto riguarda le scelte sonore che le frasi. Abrams e Carpentieri formano una sezione ritmica pulsante e di elegante sostanza, sia nell’accompagnamento nel solco della tradizione che nel liberarsi velocemente, quando la situazione diventa più libera.
L’equilibrio cercato in Look to the Neutrino si colloca tra libertà espressiva e strutture solide e i momenti migliori del disco sono quelli in cui è il dialogo tra gli strumenti a guidare la musica e a dirigerla, con naturalezza e personalità, verso una soluzione intermedia, capace di sfruttare entrambe le attitudini.