Skirl Records – 2020
Zeno De Rossi: batteria
Francesco Bigoni: sax tenore, clarinetto
Giorgio Pacorig: Fender Rhodes
featuring
Alessandro “Asso” Stefana: chitarra elettrica, banjo, tape echo in Sam
Zeno De Rossi a sei anni di distanza dall’album “Kepos” torna ad incidere con gli stessi partners, Giorgio Pacorig e Francesco Bigoni, ai quali si aggiunge in un solo brano Alessandro “Asso” Stefana, chitarrista anche di “Guano Padano”. Rispetto al disco precedente il batterista fa la parte del leone come compositore, firmando 7 brani su 12. In “Kepos” il contributo come autori degli altri musicisti era più consistente, mentre qui solo Francesco Bigoni è presente con due pezzi, Rye e Being Kepesh. Troviamo, poi, un omaggio a Satie, Les Anges, la ripresa di Kaddish di Bill Frisell, un vero pallino per il percussionista veronese, e Cathy Cline di Daniel Johnston, un cantautore americano di tendenza, malgrado una carriera artistica piuttosto travagliata.
La proposta poggia su una base vicina al rock, intessuta da una batteria libera di spaziare su ritmi spezzati e ricomposti, procedendo senza vincoli in un viaggio di circonvoluzione che tocca diversi momenti espressivi. Il fender Rhodes di Pacorig è fondamentale, invece, per collocare la musica in una fase di ripensamento del sound degli anni settanta, per ambientarla secondo coordinate vintage e spirito indirizzato verso il nuovo. Francesco Bigoni ha un tono affermativo, un suono corposo sul tenore, mentre è fluttuante e descrittivo con il clarinetto sulle melodie spesso malinconiche comprese nell’album.
Il brano migliore della registrazione è Abuela Mari. L’inizio è sospeso con Bigoni che espone una melodia dal sapore latino e il suo sax ha un timbro che ricorda quello di Gato Barbieri. Poi succede un po’ di tutto, dal cambio di tempo, con un’accelerata “rock & roll”, al ritorno al motivo di partenza, alla destrutturazione del tema con una sequenza free in piena regola.
Zeno De Rossi conferma con questa opera, pubblicata sull’etichetta indipendente americana Skirl, di avere le idee chiare per continuare il suo percorso da leader, allestendo un disco dove il jazz non è certamente l’ingrediente principale, pure se i tre protagonisti dell’incisione provengono tutti da quel genere musicale. Il suono monolitico, però, che viene realizzato in comune, l’andamento ondulato delle improvvisazioni, testimoniano la capacità del trio di confezionare un’incisione che sta in piedi, regge, a prescindere dallo stile in cui la si voglia inglobare.
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