Finnish Jazz. Recensione. Chasin the Jazz go by

The Five Corners Quintet - Chasin the Jazz go by

Ricky-Tick Records – RTCD 001 – 2005




Timo Lassy: sax tenore, sax batirono, flauto

Jukka Eskola: tromba, flicorno

Mikael Jakobsson: pianoforte

Antti Lotjonen: contrabbasso

Teppo Makynen: batteria, percussioni

Okou: voce

Mark Murphy: voce

Eero Koivistoinen: sax tenore

Severy Pyysalo: vibrafono

Kim Rantala: pianoforte, organo

Tapani Nevalainen: contrabbasso

Pekka Jaclin: batteria, percussioni

Abdissa Assefa: percussioni


Intervista a Jukka Eskola e Teppo Makynen





Riscoprire il jazz della tradizione… questa è una possibile traduzione del titolo ed è, se si vuole, il manifesto programmatico del lavoro composito condotto da The Five Corners Quintet e da Tuomas Kallio, produttore del disco.


“Il progetto – afferma Tuomas Kallio nelle note di copertina – è stato concepito per celebrare l’età dell’oro del jazz moderno, il periodo a cavallo tra gli anni ’50 e gli anni ’60.” E la celebrazione di The Five Corners Quintet passa attraverso il suono e gli stilemi delle produzioni Blue Note e dell’hard bop, ma passa anche attraverso l’atmosfera festosa dei brani, attraverso l’idea di jazz ballabile, senza perdere in nessun modo il ritmo e i suoni originari.


Jukka Eskola e Teppo Makynen spiegano bene il percorso seguito nell’intervista collegata. Attorno al quintetto, alla classicità del suono del quintetto, all’eleganza dei brani e dei musicisti in concerto, si sviluppa il progetto del disco: la presenza di cantanti e ospiti, l’importanza della voce e del vibrafono nell’economia generale del lavoro.


I dodici brani di Chasin the Jazz go by sono composizioni originali legate alle radici dell’immaginario del jazz classico. Al mainstream e agli atteggiamenti canonici si aggiungono le atmosfere del dance-floor. L’utilizzo leggero ma sostanziale del back beat, del controtempo, le ripetizioni e i passaggi ben calibrati, il ritmo, sostenuto nel corso dell’intero disco e l’intensità continua e costante dei brani, rendono, in modo intelligente e per nulla pesante, la gestione di questo aspetto del progetto: Chasin the Jazz go by riesce con naturalezza a coniugare la matrice dei brani con l’intenzione, sempre riportata nelle note di Tuomas Kallio, di “creare una musica che suoni cool come i dischi classici del jazz e che allo stesso tempo sia accessibile, naturalmente, come musica di oggi”.


Se il titolo e l’estetica possono far pensare ad un’operazione nostalgica, lo scorrere del disco ci consegna un prodotto fresco, piacevole e i dodici brani mettono in evidenza, in modo interessante, l’unione delle diverse intenzioni del progetto. Si percorre il jazz con l’improvvisazione, con i suoni; il ritmo permette di utilizzare la musica per ballare; si rilegge con astuta simpatia e scanzonato rispetto il suono della golden era, con citazioni e stilemi, strizzate d’occhio e richiami.


Chasin the Jazz go by unisce anime sonore e riferimenti stilistici. Nelle dodici tracce, al quintetto, si aggiungono le voci e il vibrafono, gli archi e l’organo: possibilità sonore che ampliano l’impatto sonoro del disco e stemperano, se si vuole, le necessità filologiche del disco: così, al riferimento principale del mainstream si avvicinano il soul, la bossanova, il lounge e, anche, soprattutto, per gli ascoltatori italiani, si intravvedono le atmosfere delle colonne sonore scritte da Piero Umiliani e Piero Piccioni.


Inseguire la tradizione del jazz, oggi come oggi, vuol dire anche ripercorrere le influenze che si sono mescolate con il jazz e le musiche che hanno attinto al patrimonio del jazz. The Five Corners Quintet ripercorre la tradizione e mette in evidenza come sia possibile creare un lavoro riferito in modo elastico ai canoni e ai punti di riferimento: a partire dalle voci e dal ritmo per giungere al vocabolario espressivo dei solisti, il disco suona tradizionale e moderno al tempo stesso. Lo stesso accade in concerto: nell’esibizione di Espoo, in teatro con il pubblico seduto, il gruppo ha dato maggiormente spazio alle improvvisazioni e alle derive più moderne della propria musica.