Finnish Jazz. Recensione. The Soul & Jazz of Timo Lassy

Timo Lassy - The Soul & Jazz of Timo Lassy

Ricky-Tick Records – RTCD 004 – 2007




Timo Lassy: sax tenore, sax batirono, flauto

Jukka Eskola: tromba

Mikko Mustonen: trombone

Georgios Kontrafouris: pianoforte

Antti Lotjonen: contrabbasso

Teppo Makynen: batteria, percussioni, vibrafono


Intervista a Timo Lassy





Timo Lassy prosegue con The soul & Jazz of Timo Lassy il lavoro avviato con la U-Street All Stars e con The Five Corners Quintet. La musica di questo suo lavoro solista, infatti, si inserisce nel medesimo filone, tra i musicisti sono presenti molti dei protagonisti di The Five Corners Quintet e, soprattutto, si ritrovano molti spunti ritmici e melodici delle due precedenti esperienze.


Groove, funky e attenzione alla possibilità di ballare sulla musica caratterizzano la spinta ritmica della formazione: il movimento trascinante è uno degli obiettivi del sassofonista e lo spiega anche nell’intervista. Una spinta propulsiva assicurata dalla applicazione costante e attenta di Georgios Kontrafouris, Antti Lotjonen e Teppo Makynen – questi ultimi due sono anche membri di The Five Corners Quintet, assieme al trombettista Jukka Eskola. Attraverso elementi latin e la costruzione di brani dal ritmo sostenuto, Timo Lassy concepisce un disco dalle atmosfere generalmente allegre. Il backbeat porta in modo istintivo a muoversi, la partecipazione al ritmo è condivisa da tutto il sestetto e diventa un elemento fondante per il lavoro.


Il vibrafono e il flauto costituiscono due coloriture efficaci per l’andamento del lavoro: sospensioni e sottili sottolineature dei suoni più energici di batteria e fiati, sempre efficaci nel caratterizzare l’atmosfera del disco. Altri elementi di colore nel lavoro sono le voci e gli applausi che spesso si sentono al termine dei brani, come a dare l’impressione della festa. Elemento decorativo e, certo, non originalissimo, ma, come sempre, efficace nell’alzare la temperatura dei brani.


Sulle spinta della ritmica, si sviluppano i temi e si sviluppano gli assolo. I brani portano gli accenti del soul, del boogaloo: frasi ripetute – anche in questo si ritrova una forte attenzione alla danzabilità – accenti ritmici colti in modo strumentale e funzionale dai solisti, il supporto caldo e coinvolgente dei fiati in sezione.


Pause, stacchi repentini, il solista lasciato da solo a chiudere le frasi, cori, sostegni e fiati in sezione: si seguono, per certi versi, i canoni di una visione estetica che affonda le radici in brani come Watermelon man o Cantaloupe Island. Un jazz divertente mette in mostra le potenzialità espressive e le peculiarità stilistiche dei sei musicisti, una musica frizzante crea un mood allegro e attinge a piene mani dall’immaginario sonoro dell’hard-bop. Lo si capisce dalle prime note di Early Move: una ritmica incalzante sostiene il sax che scandisce la prima parte del tema, il vibrafono a dare sospensione fino ad arrivare alla seconda parte del brano dalla linea ritmica più lineare, colorata dalle punteggiature di tromba e trombone. L’alternarsi delle due sezioni, un trascinante assolo di pianoforte, il fantasioso lavoro della batteria completano l’impatto del brano. Una istantanea assolutamente rappresentativa della linea seguita da Timo Lassy nel corso dell’intero disco.


L’andamento generale del lavoro è arricchita dalla presenza di due brani, Universal four e Love Moan, dall’approccio più riflessivo e intimo. Già nell’esibizione di the Five Corners Quintet all’April Jazz Festival, si erano creati spazi dai ritmi più aperti, meno legati all’estetica generale della formazione. I due brani spostano per un attimo l’equilibrio del lavoro e creano una pausa nell’economia del disco. Universal Four si muove maggiormente in un ambito spirituale, coltraniano se si vuole, mentre Love Moan è una ballad eseguita con attenzione dai tre fiati, spesso coinvolti in una conduzione corale del brano.


Il soul e il jazz di Timo Lassy sono quindi rappresentati da una visione animata da accenti latin e voglia di far ballare attraverso il suono e lo spirito del jazz degli anni ’60: anche questo lavoro si inserisce con coerenza nel percorso seguito nelle precedenti prove del sassofonista.