Finnish Jazz. Recensione. Teemu Mattsson

Teemu Mattsson - Teemu Mattsson

Free Agent Records – FAR002 – 2006




Teemu Mattsson: tromba

Mikael Jakobsson: tastiere

Ville Herrala: basso elettrico

Teemu Eronen: batteria

Ari Jokelainen: sassofoni

Teemu Viinikainen: chitarra

Mongo Aaltonen: percussioni

Teemu Seppala: voce



Intervista a Teemu Mattsson





Teemu Mattsson apre il suo lavoro omonimo con Enne, un dialogo melodico e intenso tra la sua tromba e la chitarra di Teemu Viinikainen, il tutto sottolineato dall’ambiente creato dai riverberi della tromba, prima, e dalle tastiere, poi. Si evidenziano così, sin dalle prime note, le motivazioni profonde del lavoro: un forte approccio melodico, giocato sull’incontro delle voci degli strumenti e delle personalità dei musicisti, sulla tradizione del jazz che si apre alla contaminazione con ritmi, suoni e possibilità offerte da altri mondi musicali.


A completare l’avvio del lavoro è Northern Tribe, brano in cui viene denotata l’influenza dei lavori di Pat Metheny e Lyle Mays e si manifestano l’attenzione a una ritmica colorata dalle percussioni e concepita in modo articolato quanto arioso e melodico. Il terzo brano, Standing Alone, aggiunge in modo più esplicito le influenze classiche e romantiche, a quanto detto in precedenza.


In pratica, il giovane trombettista costruisce un percorso di melodie dalle strutture semplici ed efficaci e per far questo combina elementi di provenienza differente, studiandone con cura i possibili effetti: il quintetto classico viene affiancato da tre ospiti presenti in modo organico nel disco; unisce, come si diceva in precedenza, la tradizione del jazz con la lezione popolare e la dimensione classica; spinge in avanti i riferimenti e il canone del jazz fino a comprendere Metheny, Brecker e la generazione degli anni ’70; affianca al pianoforte il suono della tastiera; gestisce con buona proprietà l’impatto emotivo dei brani, utilizzando il crescendo, le ripetizioni, le sorprese in modo sempre mirato.


In questo modo il lavoro di Teemu Mattsson si muove su più piani narrativi ed espressivi e rende chiare le intenzioni che il trombettista manifesta nell’intervista. Strutture semplici e forte impatto melodico, intuizioni romantiche e una forte propensione progressiva per dare vita a un disco che mette a proprio agio i musicisti e l’ascoltatore. Il disco diventa una galleria di momenti differenti tra loro, legati dalla partecipazione e dall’interazione dei musicisti. Il trombettista affronta ogni contesto tenendo ben presente la deriva melodica e questo si riflette sul suono complessivo della formazione.


Lo scorrere dei brani assume perciò un andamento lineare nella sua varietà. Traccia dopo traccia, il trombettista unisce il ragionamento sui suoni classici del quintetto agli accenti delle tastiere, della chitarra, delle percussioni e delle voci, cerca soluzioni meno usuali per gli impasti tra i vari interventi o, al contrario, richiama in modo diretto riferimenti e influenze, come nell’incrocio armonico di voce e chitarra presente in Pulse.


Una caratteristica importante del lavoro è la gestione di più linee melodiche sia per la costruzione del sostegno armonico che per quanto riguarda la voce principale del brano. Il trombettista evidenzia questo aspetto sia nel guardare alla musica classica che nel rivolgersi alle atmosfere metheniane per poi, infine, procedere in modo personale.


Mattsson unisce così immediatezza e profondità e sintetizza in modo efficace le intenzioni della sua scrittura, basata sulle voci dei musicisti e rivolta a trarre il massimo vantaggio dall’incontro dei diversi suoni.