Sylvie Courvoisier & Mary Halvorson @ You Must Believe in Spring

Foto: Alessandra Isalberti










Sylvie Courvoisier & Mary Halvorson @ You Must Believe in Spring

Mantova, Aula Magna Isabella d’Este – 5.2.2022

Sylvie Courvoisier: pianoforte

Mary Halvorson: chitarra

Con difficoltà e lentezza riparte la rassegna “You Must Believe in Spring” organizzata dall’Associazione culturale mantovana 4’33” con la direzione artistica di Matteo Gabutti.


L’inizio è esaltante, sotto ogni punto di vista, ci propone due artiste incredibili attualmente impegnate in un tour europeo: Sylvie Courvoisier al piano e Mary Halvorson alla chitarra.


Il Tour propone il loro progetto in duo, Searching for the Disappeared Hour, uscito nell’autunno del 2021 per l’etichetta Pyroclastic Records.


La Courvouisier ha all’attivo dieci album come leader e innumerevoli collaborazioni con i più interessanti artisti della scena mondiale: John Zorn, Wadada Leo Smith, Joey Baron, Ellery Eskelin, Nate Wooley, Fred Frith, Yusef Lateef, Tim Berne ecc.


Mary Halvorson classe 1980 ha vinto nel 2019 il MacArthur Fellowship e vanta una serie di mirabolanti collaborazioni: Tim Berne, Anthony Braxton, Taylor Ho Bynum, John Dieterich, Trevor Dunn, Bill Frisell, Ingrid Laubrock, Jason Moran, Joe Morris, Tom Rainey, Jessica Pavone, Tomeka Reid, Marc Ribot e John Zorn.


Le due artiste si muovono in uno spazio a tutto tondo che si muove dall’avant-jazz fino ad alla musica classica e d’avanguardia.


Il concerto si apre con il brano Bent Yellow, la melodia della Corvousier viene declinata in diverse maniere, improvvisamente si trasforma in blues in cui il suono della chitarra viene storpiato reso invadente alla ricerca di timbri parassiti, le melodia viene ripresa e il gioco delle variazioni è continuo.


Si manifesta la sensazione di un continuo slittamento di senso delle frasi musicali e la ricerca di timbri inediti. In Lulu’s Second Theorem la melodia della pianista svizzera diventa solo un pretesto per uno scambio continuo di ruoli che esaltano l’indagine delle dinamiche timbriche, la Corvouisier pizzica le corde del piano e lo percuote alla ricerca di un suono nascosto che tenta di svelare.


Anche in Moonbow l’intrigante melodia è solo un filo esile per ordire un tessuto complesso che vede i due strumenti operare glissandi, trilli, polifonie, un uso ipertrofico dello strumento che tenta di investigare rumori e timbri inediti.


L’energia espressa si fonde in maniera totale con la volontà di esprimersi liberamente.


Si esce dal concerto con una profonda esaltazione sonora per l’incontro di due artiste appassionatamente ancorate alla contemporaneità e con un profondo legame con il passato.




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