Alfio Sgalambro – The Inner worlds

Alfio Sgalambro - The Inner worlds

Heart Music Project – 2021






Alfio Sgalambro: clarinetto, direzione.

Carlo Cattano: flauto alto, flauto soprano, sax baritono.

Massimo Carlentini: live electronics.

Marcello Inserra: pianoforte

Giuseppe Mangiameli: contrabbasso.

Luca Inserra: tamburello

Antonio Moncada: batteria






Alfio Sgalambro è un musicista che sicuramente non è sulla bocca di tutti, concentrato com’è, da sempre, sullo studio, sulla ricerca, sull’elaborazione di una linea stilistica fuori dalle mode e lontana dal tentativo di trovare un facile consenso popolare. In dieci anni il clarinettista siciliano ha realizzato solo tre dischi a suo nome, compreso questo, infatti, tutti con una loro peculiarità e fisionomia. Dopo il precedente, “Cahier de voyages”, che metteva in mostra principalmente il compositore classico-contemporaneo, “The inner worlds” sancisce, in qualche modo, il ritorno di Sgalambro al jazz, un jazz, però, non certo canonico, né vicino alla “strada maestra”, cioè, ricco, invece, di riferimenti ai capiscuola della musica del novecento e ai profili più arditi e meno aleatori della free form.


La proposta del cd si muove su strutture che si materializzano progressivamente sulla spinta del clarinetto del leader, in primo luogo, per essere, poi, estese o frammentate, riprese con altri caratteri, stravolte o riprogrammate. Non si perde mai il senso della forma, in questo percorso ondulato e irregolare. Pur concedendo libertà improvvisativa ai partners, il flusso sonoro, poi, si riannoda, si ricollega, all’appuntamento con momenti definiti dal bandleader, in un tessuto a maglie larghe, sì, ma con una ossatura sottostante ben delineata.


Il settetto raramente opera al completo. Sovente si scinde in gruppi di dimensioni più ridotte, dal quartetto al trio, dal duo al solo.


Il discorso solistico del clarinettista si estrinseca con un idioma ortodosso, timbricamente nitido, in alcuni passaggi, per deviare, successivamente, attraverso veloci folate che debordano dalla carreggiata e altre licenze tonali ben sopra il rigo, vicine al fischio.


Carlo Cattano, da parte sua, esibisce un suono caldo e avviluppante al flauto nei momenti di calma, o parte per la tangente con la tecnica dell’ipersoffiato, macinando note su note, se il clima del pezzo lo reclama, come in Paintigs. Quando imbraccia il sax baritono il polistrumentista rivela un eloquio ferocemente espressionista, fra possenti bordate sul registro medio-basso e improvvise salite fin dove l’ingombrante sassofono può arrivare e anche oltre.


Antonio Moncada si dimostra un contraltare efficace per il clarinettista, rispondendo alle sollecitazioni del parter con la creazione di un reticolato ritmico asimmetrico, quasi uno specchio deformante delle intuizioni dell’ancia. È un dialogo apparentemente complicato, difficile da concretizzarsi. In realtà i due parlano la stessa lingua, pure se si muovono su piani opposti, che convergono, però, nell’idea stessa della musica da produrre. In gran parte del disco, inoltre, la batteria assume un ruolo solistico, in dialogo alla pari con gli altri strumenti. Solo episodicamente a Moncada spetta il compito di fornire un accompagnamento autentico, e anche in questi casi il percussionista siciliano si destreggia senza rifugiarsi in soluzioni scontate o risapute, supportato, in alcune tracce, dai colori aggiunti del tamburello di Luca Inserra e dalla solidità del basso di Giuseppe Mangiameli.


Marcello Inserra manifesta un approccio nervoso, con parentesi decisamente percussive, o meditativo, con sequenze solcate da una vena tardo-romantica. Il suo procedere è avvicinabile al pianismo di scuola accademica del secolo scorso, con l’appendice di qualche blue note.


Massimo Carlentini usa l’elettronica con la giusta discrezione, in alcuni episodi, come sfondo attivo dell’incedere solitario del leader dell’impresa.


“I mondi interiori” di Alfio Sgalambro, in conclusione, ci svelano ambienti attraenti da esplorare, dove gli omaggi a personaggi cari della sua sfera professionale si incontrano con una dedica insospettabile ad Amy Winehouse, mito del pop, scomparsa prematuramente a 27 anni. In tutto il disco si respira un’aria costruttiva, al fine di forgiare insieme una musica con tanti richiami alla tradizione e all’attualità, oltre i confini dei vari generi, ma con un’impronta indubbiamente originale.



Segui Jazz Convention su Twitter: @jazzconvention