Fabio Morgera – Neapolitan Heart

Fabio Morgera - Neapolitan Heart

EmArcy Universal – 712657 – 2009




Fabio Morgera: tromba, flicorno

Stacy Dillard: sax tenore, sax soprano

Jason Jackson: trombone

Gary Valente: trombone

Christos Rafalides: vibrafono

Craig Hartley: pianoforte

Gregg August: contrabbasso

Gianluca Renzi: contrabbasso

Enoch Jamal Strickland: batteria








Apparentemente bizzarro può risultare il titolo “Neapolitan Heart” dando una scorsa ai nomi dei musicisti coinvolti nell’ultimo progetto di Fabio Morgera: accanto a quello del leader e a quello del contrabbassista (per altro presente solo in alcune tracce) Gianluca Renzi, infatti, sono tutti americani – o quantomeno certo non italiani. Eppure anche la lettura dei titoli dei brani conferma l’intenzione che sottostà a quest’album: nomi come Funiculì Funiculà, Vesuvius o Caruso lasciano poco spazio ai dubbi. E non basta mettere il disco nello stereo per dissipare i dubbi: qua sta il bello.


L’operazione di Morgera, in due parole, si presenta così: il mood italiano è presente soprattutto a livello di concezione armonica e melodica dei brani, ma poi l’ampio spazio lasciato ai musicisti (che formano un perfetto setteto jazz tradizionale) in fase di esecuzione del brano ne scardina completamente (o quasi) questo elemento, proprio in favore di una concezione jazzistica più standard. Naturalmente l’idea (almeno concettualmente e astrattamente parlando) è stimolante e, come direbbero proprio gli americani, “challenging”. Si tratta, insomma, di appropriarsi dei canoni della musica jazz lasciando trasparire in sottofondo le proprie radici musicali, in definitiva apportando una nuova “sfumatura” alla musica proposta e non una completa rivoluzione di uno standard culturale (quale potrebbe essere definito il jazz “classico”).


L’idea è buona dicevamo, e il bello è che lo è anche la realizzazione, in primo luogo certamente per merito della ormai più che ventennale esperienza di Morgera, che ha acquisito alla tromba in particolare un suono morbido e vellutato che ben si addice alle atmosfere predominanti del disco, soprattutto laddove queste sono sottolineate dall’intervento del vibrafono o da uno scambio di battute con i tromboni. Appunto però anche gli altri musicisti fanno egregiamente il loro dovere, dimenticandosi dei titoli dei brani e importando un sound tipicamente americano nel disco, che confeziona in questo modo un disco delicato, intelligente e non scontato, che riesce a rimanere perfettamente ancorato nel solco del mainstream jazz pur non risultando banale. Del resto, non può che essere questo il risultato quando si mette in gioco, per così dire, la propria autobiografia: in un disco di jazz newyorkese su un sottofondo napoletano, un napoletano che ha vissuto a New York per molti anni come Morgera non può che trovarsi a proprio agio.