L’importanza del lirismo. Intervista al Synerjazz Trio

Foto: Sarah Vernice









L’importanza del lirismo. Intervista al Synerjazz Trio

Club 1799, Acquaviva delle Fonti (Ba) – 4.4.2010

Mirko Signorile: pianoforte

Giorgio Vendola: contrabbasso

Vincenzo Bardaro: batteria


Abbiamo incontrato il Synerjazz Trio in occasione della presentazione ufficiale del loro nuovo ed omonimo disco, edito dalla milanese Stradivarius. Ci hanno parlato di lirismo, della loro idea di trio e di dilemmi.



Jazz Convention: Qual’è l’esigenza creativa che vi ha spinti a registrare questo nuovo disco?

Mirko Signorile: Credo sia stato principalmente il fatto di esserci potuti esprimere tutti come compositori per questa formazione. Infatti rispetto ai precedenti lavori si può definire sicuramente un lavoro scritto a tre mani. E’ questo l’elemento fondamentale di questo disco oltre a quello di aver portato le nostre poetiche a convergere nella stessa direzione.



JC: Quali elementi musicali nuovi si sono aggiunti rispetto ai due album precedenti?

MS: Io direi soprattutto il lirismo.

Giorgio Vendola: Va proprio in questa direzione. Abbiamo fatto la scelta precisa di mettere nel disco più pezzi utilizzando diversi temi, piuttosto che sceglierne pochi con lunghi assolo. Tutto questo per un totale di tredici brani della durata complessiva di circa sessanta minuti. Abbiamo preferito puntare l’attenzione sulla struttura e sul gusto per la melodia, tuttavia ci concediamo dei momenti più liberi o per così dire “ostici” perché è qualcosa che ha sempre fatto parte del nostro background.

MS: L’idea è stata quella di pensare a delle vere e proprie canzoni. Qualcosa con dei temi importanti e molto cantabili.



JC: La scelta di omonimia per questo nuovo lavoro e il cambio di etichetta rispetto ai due lavori precedenti fanno pensare ad un nuovo corso per questo trio. E’ esatto?

MS: Direi di sì, adesso infatti il nostro può considerarsi un gruppo a tutti gli effetti. Magic Circle, il disco precedente uscito per la Soul Note, è stato principalmente una mia creazione, per quanto già dall’inizio pensassi alla sinergia che si era stabilita tra me, Giorgio e Vincenzo e con i quali ho condiviso, e continuo a condividere, praticamente tutto della musica. Questo è il disco che sancisce la nascita vera e propria del nostro trio.



JC: Sentite delle differenze di scrittura musicale tra i membri del gruppo?

GV: Sicuramente ce ne sono, così come sono diverse le nostre personalità, anche se cerchiamo di muoverci sempre all’interno di una stessa direzione.

MS: Questo è stato un periodo molto prolifico per noi dal punto di vista compositivo. Quando ci siamo messi al lavoro sul disco, ci siamo accorti che avremmo potuto tranquillamente riempire due cd, considerata la quantità di musica prodotta. Il discorso delle personalità differenti c’è sicuramente, a cui è seguita però una scelta dei brani che avessero un filo conduttore comune.



JC: Tra i titoli dei brani ci sono un paio di riferimenti extramusicali: Uno cinematografico, Gabin, ed un altro teatrale Cirano. Cosa legano questo attore francese e questo personaggio letterario ai brani omonimi presenti in questo disco?

GV: Hai citato due dei brani composti da me. Gabin in realtà fa riferimento ad un cantante africano, originario del Burkina Faso, che io amo molto e che si chiama Gabin Dabirè. Mentre Cirano è effettivamente un pezzo ispirato al personaggio letterario ed è stato scritto originariamente per uno spettacolo teatrale ispirato a lui. Abbiamo poi pensato di inserirlo nel disco perché era piaciuto a tutti ed inoltre aveva quella componente di lirismo che il disco richiedeva.



JC: Quanto il fatto di abitare un determinata zona geografica, nel vostro caso la Puglia, influisce sulla vostra idea di jazz?

MS: Certe cose credo siano inconsapevoli e avvengono a livello inconscio. Personalmente non ho mai razionalizzato il fatto di essere pugliese così come non ho mai prestato particolare attenzione alle musiche popolari della nostra terra, di cui spesso capita di ascoltare commistioni con altri generi musicali. Quello che sentiamo maggiormente, invece, è che si tratti di un disco italiano, e mi riferisco proprio a quel lirismo di cui si parlava prima e per cui il nostro paese è famoso in tutto il mondo. E’un’aspetto che viene fuori e che distingue noi italiani da un gruppo proveniente da New York o da Mosca. Questo è quello che noi sentiamo e ci piacerebbe che siano anche gli altri a coglierlo.



JC: C’è un videoclip che accompagna il brano Modern’s Dilemma, che si può trovare come bonus track alla fine del vostro Cd ed anche su YouTube. Pratica inusuale per un trio di jazz. Com’è nata l’idea?

MS: Anche questa è stata una esperienza iniziata un po’ per gioco. Modern’s Dilemma è un brano dal forte impatto in cui convergono stili come il drum’n’ bass e il jungle; per questo si sono mosse del tutto spontaneamente delle sinergie che ci hanno portato a coinvolgere Lorenzo Zitoli, il regista del videoclip, a cui è piaciuto il brano e l’idea di fondo.

Vincenzo Bardaro: E’ stato un modo nuovo per arrivare ai nostri ascoltatori, che è un aspetto a cui teniamo molto. Una sorta di sfida con noi stessi e un modo per mettersi in gioco. Sicuramente un contesto inusuale ma in cui il regista ci ha aiutato a calarci, mettendoci a nostro agio, e alla fine ci siamo divertiti!



JC: Avete un trio di riferimento?

GV: Io parlerei di musicisti o musiche di riferimento piuttosto che di un vero e proprio trio. Ci sono state sicuramente diverse formazioni in trio che sono state molto importanti, ne potrei citare diverse, ma non ne sceglierei una in particolare a cui ci ispiriamo o a cui la nostra musica fa riferimento. Credo che le influenze poi avvengano anche nel percorso personale che un musicista compie, non soltanto nell’ascolto di musicisti straordinari che, è vero, spesso ti arrivano addosso! Personalmente aver incontrato Mirko e Vincenzo e aver suonato con loro in questi anni è qualcosa che mi ha riempito di suono, di stimoli e di influenze che a loro volta si portano dietro da chissà dove.



JC: A quale di questi famosi trio extramusicali vi sentite più vicini per attitudine: I tre Moschettieri, i fratelli Marx o il Buono, il Brutto e il Cattivo del film di Sergio Leone?

GV: Scarterei i fratelli Marx e credo che sarebbe difficile decidere chi tra noi sia il buono, il brutto o il cattivo! (ridono). Credo che la scelta più adatta sia i Tre Moschettieri e il loro motto: “Tutti per uno, uno per tutti!”. Questo perché c’è sempre tra noi quella voglia di ritrovarsi per suonare così come di sentirsi aldilà dell’occasione musicale. E’ qualcosa che ci dà sempre gioia!



JC: Citando il brano Modern’s Dilemma qual è secondo voi il vero dilemma dei tempi moderni?

MS: Forse quello di vivere in una società in cui tutto corre molto velocemente, che viaggia a ritmo accelerato e che rende spesso tutto meno semplice. Questo di conseguenza genera il desiderio di un ritorno ad una lentezza di fondo che permetta di vivere le cose in maniera meno frettolosa per poterne cogliere più profondamente il senso, che poi è l’atmosfera che si respira nella musica di questo disco. Nel videoclip che accompagna il brano si è cercato di ritrarre questo dilemma attraverso una donna che raffigura l’aspetto più tribale, più vicino alla natura e quindi più vero delle cose, opposta ad un’altra invece che rappresenta la modernità attraverso quel suo camminare in bilico, alla ricerca di un costante equilibrio.