Foto: Michelangelo Felicetti.
Chick Corea & Stefano Bollani Duo @ Verona Jazz Festival.
Verona, Verona Jazz Festival – 1.7.2010 .
Chick Corea pianoforte
Stefano Bollani pianoforte
Verona vive una serata calda e umida d’inizio estate. Il Teatro Romano si riempie lentamente, mentre sul palco, incastrati l’uno in fronte all’altro come pedine del tetris, due pianoforti neri attendono pazienti. Il pubblico occupa ora platea e gradinate in ogni ordine di posti ed è costretto ad attendere anch’esso, paziente. Qualche applauso a richiamare l’attenzione e le luci calano d’intensità.
Stefano Bollani e Chick Corea salutano il pubblico del quarantesimo Verona Jazz Festival e, dopo una piccola gag su chi debba sedersi dove, arriva finalmente il momento di mettere le mani sui tasti. Lo fa l’americano per primo e sono poche, timide note quelle proferite dal piano del maestro, che rimandano immediatamente a quelle atmosfere latine spesso compagne di viaggio del pianista di Chelsea. Saranno le sue origini messinesi forse, ma Corea trova subito un suo perfetto agio sul palcoscenico italiano, mentre il fraseggio con il suo dirimpettaio comincia a farsi sempre più ardito.
Tanta improvvisazione da entrambe le parti, con Bollani più teatrale nei modi e nel tocco, mentre i suoni rimbalzano veloci e precisi da una corda all’altra, da una coda all’altra. Un rag-time in chiaro stile Jelly Roll Morton scalda gli animi sugli spalti. Non che ce ne fosse necessità in realtà – data le temperatura – ma la tempesta di note non può che investire tutto e tutti. E’ una corsa a rotta di collo, trasportati lungo salti e rapide correnti che i due pianisti cavalcano con fermezza e consapevolezza assoluta. L’intesa tra i due artisti, peraltro appartenenti a mondi e generazioni differenti, è semplicemente perfetta, a dimostrazione di come la musica non possa avere barriere o costrizioni di alcun tipo, mai. Spumeggiante ed effervescente Bollani, che muove frenetico ogni arto mentre suona, che si alza e si risiede, che accompagna il collega percuotendo le corde del suo piano aperto. Elegante e impeccabile Corea, che gioca la sua parte come da copione – come se ce ne fosse uno! – ogni suo passaggio è una perla, e poi sorride, divertito sulle strampalate note che la controparte gli propone a chiusura di una simil bossa nova. Il Jazz, la Fusion, le contaminazioni dalla tradizione classica, la canzone italiana e tanto Brasile sono scheletro per una serata che Verona non dimenticherà facilmente. E probabilmente nemmeno Stefano Bollani che, prima di iniziare la seconda parte, viene ringraziato da Corea con parole di ammirazione: “E’ un grande onore per me essere qui e suonare stasera con questo grandissimo genio che mi siede innanzi”. Roba da brividi insomma, per chi sta sotto il palco, ma anche per chi sta sopra.
Il legame di Bollani con la musica carioca è da tempo noto e gli ultimi brani proposti dal jazzista toscano e dall’illustre collega d’oltre oceano suonano come un unicum che sprizza energia, passione e colori.
Emozionante, eccessivamente virtuosistico e spocchioso per alcuni – che a fine concerto commentano alcune improvvisazioni definite “smodate” – per tutti comunque un evento memorabile quello del Teatro Romano, in una cornice magnifica dove la storia antica si è mescolata con quella di due incredibili interpreti del jazz di oggi.
Quattro mani, due teste, due pianoforti e un solo, mostruoso jazzista! In chiusura spazio anche alla voce, quella di Bollani che canticchia un temino per il pubblico da portare via nella notte veronese, insieme al mare di note di due intense ore di musica. Si torna ora nel caldo e nell’afa, ma a cullare il nostro sonno stanotte ci saranno quei due pianoforti neri.