Via Veneto Jazz – VVJ 067 – 2010
Nicola Angelucci: batteria
Sam Yahel: organo Hammond, pianoforte
Jeremy Pelt: tromba
Kengo Nakamura: contrabbasso
Johannes Weidenmueller: contrabbasso
Francesco Puglisi: contrabbasso
Roberto Tarenzi: pianoforte
Paolo Recchia: sax alto, sax soprano
Nicola Angelucci punta decisamente verso il jazz di matrice americana in The first one, il suo primo disco da leader. Registrato in gran parte negli Stati Uniti e con musicisti statunitensi, le nove tracce – sia le composizioni che l’approccio agli standard – guardano alle evoluzioni più recenti del jazz mainstream, in una sintesi, particolare ed equilibrata, di tradizione e novità.
Sono due le strade maggiormente seguite da Angelucci in questa direzione: un lavoro accurato e sempre attento sul ritmo e sulla metrica dei brani; la contaminazione delle strutture di base con l’inserimento di accenti lievemente dissonanti, in modo da creare un felice contrasto. L’idea è quella di ragionare su una materia consolidata, sia per l’attitudine generale che per i suoni, inserendo all’interno del meccanismo elementi di perturbazione e, soprattutto, tenendo gli occhi ben aperti per sfruttare quanto viene fuori dalla reazione.
Il fluire del disco diventa, perciò, un continuo confronto tra l’amore per la tradizione – Blues for Daddy, ad esempio, che riprende il canone dell’organ jazz degli anni ’60 – e riferimenti decisi a linguaggi più attuali – come in alcuni passaggi Claudia’s nightmare o nella rilettura di It’s you or no one. Il confronto tra le due anime – e, in special modo, la continuità del confronto – pervade però tutto il lavoro, dall’apertura di Out of sleep, mid-tempo giocato su una lucida alternanza ritmica, alla conclusiva Jungly, dove si fronteggiano jungle, boogaloo e drum’n’bass fusi in maniera estremamente leggera e attuale, come a ricordarne la stretta “parentela”.
Il discorso intrapreso nelle tracce di The first one viene reso possibile dallo spessore e dall’abnegazione dei sette musicisti coinvolti da Nicola Angelucci nel progetto. Le difficoltà della partitura vengono risolte in maniera sempre elegante e la musica perde ogni spigolosità o cerebralismo per giungere con immediatezza all’ascoltatore.