Amarcord di un ventennio

Foto: Archivio Jazz Club Lennie Tristano










Amarcord di un ventennio.

Il Lennie Tristano Jazz Club ad Aversa.


Il ventennio di cui si parla è quello di un ciclo di grandi e memorabili concerti che alcuni appassionati di jazz hanno organizzato e realizzato nel periodo che va dal 1982 fino al 2002.


Stiamo parlando dei soci del Jazz Club Lennie Tristano di Aversa.


Ho incontrato il mio amico Bruno Lamberti che è stato uno dei soci fondatori del Club nonché presidente dello stesso fino al 2002. Un incontro informale per parlare e ricordare un po’ dell’Associazione e dei concerti realizzati negli anni passati.


Il Jazz Club nasce nel 1981. Il nome è dedicato al “Profeta incompreso” come lo definisce il giornalista e critico musicale Franco Fayenz, uno dei pochi autori di biografia su Lennie Tristano, autore inoltre dell’ultima intervista rilasciata dal grande pianista prima che morisse.


Inizialmente doveva essere intitolato alla memoria di Charlie Mingus morto da appena due anni (infatti il logo del jazz club rappresenta un contrabbassista!) ma durante una delle prime riunioni il socio co-fondatore, il compianto Franco Borrini presidente storico del Lennie Tristano, ricordò le origini aversane del grande pianista di Chicago e così l’associazione fu a lui intitolata, lasciando però il logo dell’uomo con il contrabbasso (ricordiamo inoltre che lo stesso Charlie Mingus è stato uno dei musicisti ispirati da Tristano). Nella foto si vedono Carol, la figlia di Tristano, Franco Fayenz e i soci del jazz club nel giorno in cui, ad Aversa, è stata intitolata una strada a Lennie Tristano.


L’attività dell’Associazione iniziò il 13 maggio 1982 con musicisti dell’area partenopea. Dopo soli 2 eventi realizzati in quell’anno, i soci riuscirono ad organizzare l’anno dopo i concerti di due grandi musicisti del calibro di Chet Baker (27 maggio 1983) e Lee Konitz che aprirono la grande stagione del jazz club aversano.


Un club che è stato per anni uno dei pochi locali in Italia capaci di fare “concerti di musica jazz” tanto che la cantante Betty Carter spontaneamente affermò che “in Europa ci sono solo tre posti dove si può suonare il jazz: a Leeds in Inghilterra, a Heidelberg in Germania e ad Aversa in Italia”. Tutto questo accadeva quando non c’erano ancora le centinaia di festival sparsi su tutto il territorio nazionale, a parte i già consolidati Pescara Jazz e Umbria Jazz, tanto per citarne alcuni, e pochi altri.


Al Lennie Tristano di Aversa, desolata cittadina alle porte di Napoli, quasi settimanalmente, vi era in programma un concerto Jazz. E via quindi con i ricordi e gli aneddoti che Bruno mi racconta, alcuni dei quali vissuti in prima persona anche dal sottoscritto. Intanto si possono fare un po’ di nomi del panorama jazzistico mondiale che hanno suonato sul palco del Lennie Tristano: Michel Petrucciani, Paul Bley, Betty Carter, Lee Konitz, Chet Baker, Archie Shepp, Dave Holland, Mike Stern, Geri Allen, Barney Kessel, Jan Garbarek, John Surman, Stefano Bollani, Bill Frisell, Cassandra Wilson, ma la lista è lunghissima, difficile riportarla tutta e come dice Bruno: “Si è arrivati al punto in cui era più facile sapere chi non fosse passato al nostro club piuttosto che ricordarsi di tutti i musicisti che si erano esibiti”. E tutto questo grazie ad una grande passione che ha animato per anni un gruppo di amici-soci amanti del jazz i quali faticavano e spesso ci rimettevano (in dollari!) pur di realizzare eventi in un club dove Bruno afferma: “non si mangiava, non si beveva, si faceva il concerto, nella maniera della tradizione classico-europea e non come intrattenimento, tanto che i musicisti si ritrovavano in un clima e in una tensione particolare favorevole a dare il loro meglio durante le performance”.


L’amore, la voglia di ascoltare il jazz, unitamente agli sforzi fatti durante tutti quegli anni, hanno portato questo gruppo di appassionati a vivere momenti indimenticabili di musica e non solo.


Bruno ricorda ancora la torta a sorpresa per Paul Bley in occasione del suo compleanno coincidente col giorno del concerto al club con il pianista commosso in lacrime; o l’esibizione di piano-solo di Ray Bryant che, comprendendo l’entusiasmo e i sacrifici che animavano i soci, suonò l’intera serata con un piano che non reggeva l’accordatura e ad ogni brano, munito di apposita chiave, registrava lo strumento (il tutto raccontato successivamente ad un incredulo Marvin “Smitty” Smith nipote del pianista). Oppure l’happy birthday intonato dal sax di Tim Berne per il compleanno di Bruno(sicuramente più intonato dell’happy birthday di Marilyn per Kennedy!).


Ancora le richieste di “prestito” di strumenti musicali ai musicanti e musicisti della zona per le occasionali pretese degli “americani” (Bill Frisell è ancora in debito con il sottoscritto che gli ha prestato l’amplificatore del basso!)


Tutto ciò era reso possibile proprio grazie all’energia positiva che muoveva i soci del club affinchè potessero ascoltare e vivere dell’ottimo Jazz a casa propria. E a parte i piccoli inconvenienti (e Bruno ricorda come fossero più frequenti quanto più la qualità dell’artista fosse bassa!), l’amore manifestato per la musica afro-americana è stato sempre compreso dai musicisti che negli anni si sono esibiti. Insomma un ventennio di clima favorevole e propositivo irripetibile che ha portato l’Associazione Lennie Tristano a realizzare un ciclo di incontri-concerti che rimarrà nella storia dei club europei di jazz. E ne valeva la pena un piccolo ricordo senza pretese, ne esortazioni a eventuali pseudo-riprese dell’attività del club. Quando un ciclo felice e magico, dato da una serie di incontri e combinazioni favorevoli, finisce, meglio semplicemente dire: “amarcord”.