Chant – Ma io ch’in questa lingua

Chant - Ma io ch'in questa lingua

Auand Records – AU9022 – 2010




Libero Mureddu: pianoforte, harmonium, sintetizzatore, clavicembalo, clavicordo eletrtrico, organo positivo, voce

Antonio Borghini: basso acustico, basso elettrico, violoncello

Cristiano Calcagnile: batteria, percussioni, voce






Monteverdi come punto di approdo di un percorso totalmente dedito alla sperimentazione e all’incrocio di linguaggi. La rotta musicale tracciata da Libero Mureddu, Antonio Borghini e Cristiano Calcagnile – uniti sotto la denominazione collettiva Chant – guarda in ogni possibile direzione. A partire dall’universo sonoro del trio: dalle tastiere utilizzate da Mureddu alle percussioni di Calcagnile si passa attraverso i secoli per portare nel vocabolario del trio richiami estremamente distanti tra loro, ulteriormente ampliati dalle preparazioni e dall’approccio libero allo strumento.


Le tante possibilità sonore riportano alla mente e si legano ad altrettanti richiami linguistici. Monteverdi e, in generale, la musica del seicento richiamata dai clavicembali; la forza d’urto del rock progressivo e certe soluzioni tipiche delle composizioni di Frank Zappa; la predisposizione per l’improvvisazione libera da schemi e il lavoro intorno a cellule ritmiche e armoniche nate dalla interazione dei tre musicisti, sviluppate in maniera ostinata in alcuni passaggi. Le diverse intenzioni e inclinazioni si confrontano continuamente dando vita ad un meccanismo dalle molte sfaccettature. Il tutto viene condito dallo sviluppo cinematografico della musica: una specie di trama che si snoda attraverso i crescendo e le aperture dei brani, l’alternanza di sospensioni liriche e ricerca del climax, la sottolineatura netta di alcuni momenti del disco. Come, ad esempio, la breve Nel mezzo, con organo, violoncello e stridenti percussioni a aprire The Dark Cave, la lunga e variegata suite centrale del lavoro, o ancora l’introduzione della conclusiva Postcard from Italy, arrangiamento delle partiture monteverdiani. Ma già l’apertura del disco, con il volume che sale lentamente dal silenzio nuziale, chiarisce come la trama narrativa del lavoro sia una delle dimensioni su cui giocano Moreddu, Borghini e Calcagnile.


Certo, il trio corre il rischio della sovrabbondanza degli elementi sonori e linguistici: se la somma dei tanti spunti, in alcuni passaggi, diventa ridondante, le soluzioni proposte da Chant mettono in luce anche molte possibilità espressive, raggiunte attraverso contrasti stridenti, sovrapposizioni felicemente azzardate o, ancora, grazie al superamento dei ruoli tradizionali degli strumenti, attenti soprattutto alle dinamiche e al rispettivo contributo melodico.