Federico Calcagno Octet – Mundus Inversus

Federico Calcagno: clarinetto soprano, clarinetto basso
Nabu Clearhoud: trombone
Josè Soares: sassofono contralto
Adrian Moncada: pianoforte
Aleksander Sever: vibrafono
Pau Sola Masafrets: violoncello
Pedro Ivo Ferreira: contrabbasso
Nick Tessalonikefs: batteria

Habitable Records – 2024

Federico Calcagno è un musicista impegnato su più fronti, in Italia e nel nord Europa, coerente con sé stesso e con il suo metodo di lavoro, sempre stimolato a trovare nuove situazioni in cui sperimentare, o meglio approfondire la sua ricerca, accanto a vecchi e nuovi compagni di viaggio. Il quintetto internazionale “Liquid identities”, comprendente musicisti afferenti alla scena olandese, ma di nazionalità diverse, ha pubblicato un album nel 2020 e ritorna adesso in una formazione allargata ad ottetto per questo “Mundus inversus”. In questa maniera il bandleader può usufruire di altri timbri e colori per illustrare il suo progetto, ricco di pieghe e di sfaccettature già di suo. La musica del cd si svolge su più piani comunicanti o contrapposti. Il tema o i temi vengono esposti con unisoni fra due o più strumenti, solitamente a fiato, ma, a volte, è anche un solo strumento ad accennare o ad esporre il motivo. Contemporaneamente il pianoforte e/o il vibrafono costruiscono una armonizzazione mobile e spiraliforme, decisamente connotante. La batteria tiene alto il ritmo, con un accompagnamento mutevole e frastagliato, per mezzo di un continuo rimpallo di piatti e di tamburi, non marcando necessariamente il tempo, cioè, mentre il contrabbasso procede con colpi regolari, cercando di saldare, in certo qual modo, le varie voci in campo. Sopra questa impalcatura estremamente articolata, si incuneano gli assoli, del tutto complementari all’insieme predefinito, tanto che le improvvisazioni appaiono come ampliamento delle parti scritte, o viceversa le parti scritte si appalesano come improvvisazioni codificate. Si possono, indubbiamente, avvertire nella musica di Federico Calcagno le influenze dei grandi del jazz contemporaneo, da Henry Threadgill, principalmente quello del “Very Very Circus”, per l’andamento sciolto, dinoccolato della proposta, a Steve Lehman, per la geometricità delle linee compositive. Ad ogni buon conto il band-leader va dritto per la sua strada, con coraggio, competenza e con personalità da vendere, riconoscendo, ovviamente, eventuali modelli di riferimento, da cui discostarsi.

“Mundus inversus” contiene, poi, nei titoli dei brani, una riflessione sociologica e filosofica sul destino del nostro pianeta e sull’umanità in genere, tirando in ballo artisti come Bosch, originalissimo pittore fiammingo del cinquecento. Il giovane musicista dimostra, in tal modo, una curiosità culturale non riservata ad un solo settore.

Il presente album, infine, è forse il più ricco di idee e più maturo, pubblicato finora dal clarinettista milanese, non tanto un talento emergente, quanto una vera certezza del jazz del nostro Paese.

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