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Slideshow. Lanfranco Malaguti.
Jazz Convention: Mi racconti il primo ricordo che hai della musica?
Lanfranco Malaguti: All’età di circa sei anni ricevetti in regalo una fisarmonica giocattolo; le prime note e accordi che sono scaturiti, prendendola in mano, erano dissonanti e privi di senso, eppure rimasi affascinato da quanto sentivo.
JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare un chitarrista?
LM: Nel condominio dove abitavo, c’era un ragazzo più grande di me che si dilettava a suonare insieme ad un amico. Tutte le volte che passavo davanti alla porta del suo appartamento e li sentivo suonare, rimanevo incantato ad ascoltare fino a quando qualche condomino transitava sul pianerottolo e anch’io andavo oltre facendo l’indifferente.
JC: E quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare proprio un chitarrista jazz?
LM: All’età di circa undici anni ho iniziato a suonare questo strumento, cercando di imitare i chitarristi di famosi complessi che spopolavano negli anni sessanta. Devo dire che verso i diciannove anni avevo ottenuto discreti risultati tali da farmi montare un po’ la testa. E’ stato sufficiente assistere ad una trasmissione televisiva in cui, per la prima volta, vedevo e sentivo Franco Cerri, per comprendere che sapevo, a mala pena, tenere in mano la chitarra. Per di più, la musica che eseguiva mi aveva letteralmente stregato.
JC: Chi sono i tuoi maestri nel jazz? nella chitarra e anche non chitarristi…
LM: In seguito ho ascoltato, soprattutto su dischi, anche i principali chitarristi jazz d’oltre oceano. Tali personaggi mi hanno, inoltre, consentito di avvicinarmi alla musica jazz in generale inducendomi ad entrare nel mondo espressivo di altri strumenti. Per rispondere alla domanda, devo dire che un maestro ispiratore è stato Charlie Christian. Con la chitarra ha anticipato strutture successivamente trattate da musicisti che suonavano strumenti “più nobili” nell’ambito del jazz. In seguito, nella mia crescita, sono stato influenzato da Charlie Parker, Lennie Tristano, Sonny Rollins, John Coltrane, Miles Davis, il pianista Bill Evans.
JC: Qual è stato per te il momento più bello della tua carriera di musicista?
LM: Quello in cui ho realizzato il mio ultimo lavoro Visionary, cambiando radicalmente il mio approccio con la musica.
JC: Tra i dischi che hai registrato, quale ami di più?
LM: L’ultimo, Visionary.
JC: Come definiresti il jazz?
LM: Una definizione potrebbe essere quella di una musica in continua evoluzione che riflette le sensazioni, i sentimenti più immediati e autentici, la continua crescita intellettiva delle generazioni di artisti che si susseguono nel tempo.
JC: Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ alla musica jazz?
LM: Appunto, come accennavo prima; amore, intelligenza, innovazioni a vari livelli viste come estrinsecazioni di artisti realmente svincolati da condizionamenti e mode.
JC: Come vedi, in generale, il presente della musica jazz?
LM: Secondo me il jazz attualmente, segue pur rinnovandosi tre filoni: quello più legato alla tradizione bop/cool/mainstream, quello legato al free e quello che si basa sulle “contaminazioni” di vario tipo. Sicuramente esistono musicisti che esprimono autentica arte, sia che seguano un filone o l’altro e non sempre ciò è prerogativa dei musicisti più conosciuti. Comunque, per quanto riguarda il filone “contaminazioni”, che è molto diffuso ai giorni nostri, penso che l’obiettivo debba essere quello di creare un nuovo colore come risultato del mescolamento di quelli preesistenti ed evitare di ottenere, invece, “l’effetto arlecchino”. Non dimentichiamo che i nostri padri spirituali hanno raggiunto tale obiettivo, quando hanno creato il jazz.
JC: Parlaci ancora del tuo nuovo disco, uscito da poco.
LM: In Visionary ho elaborato una griglia armonica basata su calcoli statistici che mi ha consentito di ordinare una sequenza di accordi a loro volta contenenti note scelte in modo che in qualunque linea melodica dovessi costruire sugli accordi, fosse altamente probabile ottenere un effetto di assonanza. In pratica, uno studio matematico, condotto sull’armonia, mi ha consentito di lavorare in modo totalmente istintivo sulla melodia senza dover ricorrere ai miei soliti “clichès”. Anche i miei partners sono entrati in perfetta sintonia con tale concezione, grazie alla loro notevole perizia strumentale e grande musicalità .
JC: Cosa stai facendo ora a livello musicale?
LM: Sto studiando i rapporti tra “scienza del caos” e la matematica di Benoit Mandelbrot da un’ottica musicale: cioè mi concentro sulle implicazioni che potrebbero derivarne nella musica improvvisata.
JC: Quali sono i tuoi progetti musicali per il futuro?
LM: Dedicarmi soprattutto alla composizione ed esecuzione di musica sulla base dei concetti sopra esposti.