Monk Records – Mnk Cd 003 – 2010
Pierluigi Balducci: basso elettrico, basso acustico
Maurizio Brunod: chitarra classica e acustica, live electronics
Marta Raviglia: voce, live elecronics
E’ un lavoro raffinato questo terzo disco prodotto dalla neonata etichetta Monk: Cherry Dance è anche il terzo album di questa casa discografica a dimostrare l’ampiezza di orizzonti che la ricerca musicale di Marta Raviglia sta raggiungendo in questi anni. Nel caso di Cherry Dance la cantante si accompagna ad un eccellente duo composto da chitarra e basso: Balducci e Brunod non hanno bisogno di presentazioni. Basti dire che l’intesa tra i due è ai vertici, nonché in molti casi anche la creatività del singolo (ad esempio il bel solo di Brunod in stile vagamente ispanico di Pachanga’s Walking). Grande prova per i due strumentisti, nel senso che riescono ad emergere (come detto) nei momenti solistici, ma anche ad accompagnare delicatamente la voce – non che, del resto, si tratti di un classico trio con la voce solista in primo piano: durante tutto il disco l’amalgama dei tre è perfetto e i brani si costruiscono come a spirale attraverso il dialogo dei tre musicisti, senza che emergano veri e propri “piani” in cui qualcuno predomina e gli altri accompagnano.
Anche dal punto di vista stilistico questo disco è un vero piacere all’ascolto: nelle delicate tessiture ordite in particolare da chitarra e voce emergono sì i già citati elementi ispanici, ma non manca una certa contaminazione ad esempio con la musica araba, nonché con la tradizione classica (il brano di apertura Unquiet Thoughts è una rilettura molto originale di un brano di Dowland) e – ovviamente – la cultura afroamericana, ribadita – tra l’altro – dalla riuscita sebbene a tratti spiazzante scelta di cantare prevalentemente in inglese.
La tradizione va insomma a braccetto con quel tipico modo tutto italiano di intendere una sorta di “jazz mediterraneo”, che non sfigura affianco ad altre direzioni del jazz contemporaneo di matrice europea – contemporaneità nelle intenzioni resa evidente dall’uso dell’elettronica e di una certa sperimentazione vocale soprattutto nella rilettura del tradizionale Black is the Colour: Cherry Dance è, in definitiva, un disco riuscito, affascinante e ben suonato.