Trem Azul – Amigdala

Trem Azul - Amigdala

Cinik Records – CNK 022 – 2010




Alessia Martegiani: voce

Massimiliano Coclite: tastiere, pianoforte, voce

Bruno Marcozzi: batteria, percussioni

Marcello Manuli: basso elettrico

Stefano Cocco Cantini: sax soprano






Composizioni originali con una forte connotazione brasiliana, da una parte, e grande attenzione a certi stilemi della stagione della fusion. Questi due punti si coniugano in maniera felice nel corso delle otto tracce: la formazione stempera infatti le derive delle varie ispirazioni in una sintesi sempre attenta alle necessità del brano, in generale, e della melodia, linea guida principale del disco.


Amigdala è la parte del cervello che gestisce le emozioni e, nelle parole di Alessia Martegiani, il disco affonda la sua anima proprio nella visceralità delle sensazioni che ne hanno scaturito i brani. Amigdala segue l’omonimo disco del 2006: dalla prima registrazione, nella formazione annovera stabilmente la presenza di Marcello Manuli al basso elettrico e, a differenza del primo lavoro dove erano presenti molti ospiti, in questa nuova uscita alla formazione base si aggiunge solamente il soprano di Stefano Cocco Cantini. Questi due elementi danno stabilità generale e una lineare solidità ritmica che permette a un batterista eclettico e fantasioso come Bruno Marcozzi di esprimersi a pieno.


Il Brasile al quale si ispira Trem Azul è quello dei compositori moderni – da Milton Nascimento a Ivan Lins, senza dimenticare le esperienze seminali di Flora Purim e Airto Moreira. La scrittura di brani, più che allinearsi ad uno stile particolare, converge verso quel mondo con tutto il portato dell’amore per la musica brasiliana, naturalmente, ma anche con la personalità, gli ascolti e le ispirazioni di musicisti italiani da anni impegnati nel jazz e in una ampia varietà di incontri musicali. Il riferimento brasiliano si ritrova anche nella scelta di scrivere i testi in portoghese, a parte E’ tempo, per completare le atmosfere dei brani.


E se il percorso passa in qualche maniera attraverso alcuni clichées brasiliani, come nel ritmato ritornello di E’ bacanà, sono molti invece i temi dove la convergenza tra gli elementi dirige la formazione verso una miscela particolare dove trovano spazio assolo ben calibrati, dialoghi equilibrati tra i diversi strumenti: il tutto all’interno di canzoni costruite con una spiccata attenzione all’andamento generale e alla disposizione delle voci, ponendo, come si diceva in apertura, grande cura alla gestione delle melodie.


La presenza di E’ tempo canzone delicata, dal testo in italiano, sottolinea il fatto di non volersi schiacciare in modo totale sui riferimenti citati in precedenza: una canzone affidata principalmente a voce e pianoforte, sulla quale il soprano disegna un assolo di grande lirismo e la ritmica entra con la dovuta discrezione. La stessa atmosfera si respira nella conclusiva Meia Lua, testo in portoghese questa volta: come ad evidenziare un percorso aperto in maniera elettrica e ritmicamente più sostenuta, sostanzialmente più vicina alle matrici di partenza, per arrivare, traccia dopo traccia, a mostrare il volto più intimo e personale, proveniente dalla sintesi del proprio mondo musicale.