Finnish Jazz. Recensioni. Kuara

Markku Ounaskari - Kuara

ECM Records – ECM 2116 – 2010




Markku Ounaskari: batteria

Samuli Mikkonen: pianoforte

Per Jørgensen: tromba, voce



Intervista a Markku Ounaskari

Interview with Markku Ounaskari






Kuara è da considerarsi idealmente legato a quel lavoro di riscoperta e reinterpretazione delle tradizioni folkloriche del mondo a cui l’etichetta ECM ha sempre puntato la sua attenzione. La tradizione musicale norvegese di Jan Garbarek, l’originario tango argentino di Dino Saluzzi, persino la tradizione bandistica italiana reinterpratata dal nostro Gianluigi Trovesi, solo per citarne alcune, avevano finora trovato posto nelle incisioni ECM.


Ora questo progetto musicale, ideato e condotto dal batterista finlandese Markku Ounaskari, va a colmare quel vuoto che riguardava la musica della tradizione finnica. Anzi fa di meglio. Si spinge oltre, a rintracciarne le origini in paesi appartenenti allo stesso gruppo linguistico, come Karelia, Vepsia e Udmurtia, fino agli evidenti legami con la musica russa, il cui dominio nei secoli scorsi, profonda influenza ha avuto su gran parte della cultura esteuropea.


Il disco si apre con Polychronion un salmo russo introdotto dal giovane pianista Samuli Mikkonen a cui si unisce, dopo poco, il trombettista norvegese Per Jørgensen che interviene a cantarne la melodia. E non a caso il termine canto è usato nei confronti di questo veterano frequentatore delle incisioni ECM, dato che in Tuuin Tuuin, brano originario della Karelia, Jørgensen ci delizia con una suggestiva esposizione del tema principale costruita su note che riesce a piegare fino a darle parvenza di voce umana.


Questo approccio ben si adatta alla maggior parte della musica presentata, legata com’è ad una forma originaria prevalentemente vocale e spesso associata a pratiche rituali pagane a cui i popoli in questione erano dediti.


Tra i brani anche una “recruit song” di origine udmurta, Soldat Keljangúr, che ancora una volta Jørgensen, e questa volta ci mette la sua vera, evocativa voce, impreziosisce con una performance sentita e toccante. La stessa che possiamo ascoltare nel brano di origine udmurta, che chiude il disco: Sjan Gúr: una “wedding song” in cui il musicista riproduce l’originario lamento di un madre che vede la propria figlia andare in sposa al suo uomo.


Tra un brano e l’altro, piano e batteria si lasciano andare a momenti di dialogo estemporaneo ma fedeli all’anima del disco, muovendosi su melodie echeggianti popoli antichi.


Il pianismo di Mikkonen, di par suo, ben si adatta alla nota estetica musicale dell’etichetta tedesca, agendo sulle melodie originali attraverso un lavoro di sottrazione del peso e sottili riarmonizzazioni che conferiscono al tutto una dimensione rarefatta ed eterea.


Il batterista e leader Ounaskari tiene insieme i molti fili della trama musicale puntando ad un tipo di accompagnamento orizzontale, sospeso e dalle molte sfaccettature timbriche.


Kuara è un disco affascinante e dal sapore filologico, in grado di mettere i musicisti a confronto con il proprio passato musicale, rafforzandone di contro l’identita musicale odierna.