Foto: Fabio Ciminiera
Crystal Wall Jazz Suite.
Forlì, Teatro Diego Fabbri – 29.3.2011.
Fabio Petretti: direzione, composizioni
Fabrizio Bosso: tromba solista
Giampiero Lobello, Stefano Serafini: tromba
Roberto Rossi: trombone
Achille Succi, Simone La Maida, Pedro Spallati, Rossano Emili: sassofoni, flauto e clarinetto
Daniele Santimone: chitarra
Michele Francesconi: pianoforte
Paolo Ghetti: contrabbasso
Stefano Paolini: batteria
Archi dell’Orchestra Maderna
Il dialogo tra jazz e musica classica procede da decenni e con formule diverse a seconda di casi e formazioni coinvolte. Scrittura e orchestrazione hanno spesso superato i confini della big band per intraprendere percorsi colti e articolati in maniera specifica. Se all’inizio dell’epopea del jazz si utilizzano frasi e modalità interpretative per arricchire il vocabolario dello scambio tra musicisti, nella stagione matura e consapevole dell musica afro-americana – a partire dalle suite di Ellington per proseguire con la third stream e gli incontri tra Gil Evans e Miles Davis – il rapporto si è fatto via via più serrato e ha dato vita ad esperienze di grande respiro.
Negli ultimi anni, inoltre, si è sempre più sviluppata la ricerca del materiale al quale attingere per il repertorio jazzistico: la figura del compositore – e, di conseguenza, del direttore sul palco – spesso svincolata dal ruolo esecutivo, ha preso sempre maggiore risalto e dignità, sottolineata dall’interesse crescente da parte dei musicisti alla scrittura e al reciproco confronto sulle “regole” della composizione. La necessità di arricchire e distinguere il proprio vocabolario insieme al recupero delle tradizioni della musica classica e alle tentazioni orchestrali portano al fiorire di una vastità di scrittura per organici ampi. come dimostrano le tante jazz orchestra presenti sul territorio italiano ed europee e, ad esempio, l’esperienza del MiFaJazz Big Band Festival a Matera.
L’esperienza dell’Italian Jazz Orchestra guidata da Fabio Petretti in Crystal Wall Jazz Suite si inserisce in questo filone molteplice, animato da recuperi di materiale e personali spinte in avanti. Innanzitutto l’organico: una big bang jazz ridisegnata – la ritmica completa di chitarra e una sezione fiati ridotta a sette elementi; un solista abile ed energico com Fabrizio Bosso; gli archi dell’Orchstra Maderna. Gli archi si vanno a disporre nelle maglie larghe della sezione fiati: in pratica, la disposizione dei musicisti – abbandonata la formula canonica quattro sassofoni, quattro tromboni e quattro trombe – permette con tutte le dovute cautele del caso di considerare per quanto possibile la formazione come un unicum e non suddiviso cioè in una giustapposizione tra elementi jazz e classici o relegando una delle sezioni alla funzione di colore o tappeto sonoro.
I brani composti da Petretti uniscono la tradizione del jazz e accenti mediterranei – con particolare prevalenza dei colori spagnoli. La scrittura raccoglie in modo essenziale il disegno della formazione e rende tutti gli elementi ugualmente protagonisti: risposte tra sezioni, strutture architettate e completate con il contributo dei vari segmenti della formazione. Il repertorio, pur contemplando momenti lirici e danze, si sviluppa con grande energia e non disdegna momenti di libertà formale, presenti nella partitura e utilizzati in un paio di occasioni come passaggio tra momenti diversi. La presenza di Fabrizio Bosso come solista diventa perciò un tassello funzionale alla costruzione dell’insieme: un solista capace di interpretare con uguale abilità sia le pagine più delicate che quelle più impetuose.
Petretti riflette nella sua scrittura un jazz di chiara impronta mediterranea, come si diceva. All’interno della struttura disposta dal compositore si integrano il senso della forma e la ricerca della varietà melodica, così come le derive libere, l’attenzione al groove e il suo solido rapporto con la tradizione. Una sintesi tra radici e influenze diverse che anima il concerto della Italian Jazz Orchestra e le varie stanze dei brani proposti al pubblico.
Nel complesso un’idea articolata e non semplice, risolta nella maggior parte dai casi da una scrittura attenta al dialogo tra le sezioni della formazione e da un atteggiamento sempre rivolto alla gestione del risultato generale: Petretti ha agito da regista, in pratica, ed ha alternato con un buon equilibrio le tante possibilità offerte dall’organico e dalle proprie composizioni.
Il bis di chiusura è stato affidato ad una rilettura dell’Inno di Mameli – o meglio di Goffredo Mameli e Michele Novaro, visto che in questo caso sono state le note a risuonare in sala – assolutamente pertinente sia nella rivisitazione musicale che nel compendio offerto alla serata. Una introduzione libera, innervata da citazioni di altri brani di natura risorgimentale, una prima esposizione del tema con la staffetta tra i fiati, rispettando melodia e ritmo, e la seconda strofa sostenuta da una animata vena swing… e tutto il pubblico, con spontanea e presente partecipazione, in piedi a seguire l’esecuzione, sin dalle prime battute.
L’Orchestra Maderna e il Teatro Fabbri, infine, hanno commissionato musica nuova per un organico non consueto e comunqe molto ampio. Un aspetto da sottolineare, anor più in un momento di crisi come il presente: la possibilità di dare lustro sia all’istituzione culturale, sia al direttore-compositore e, non ultimi, ai singoli e validissimi musicisti, nella maggior parte espressione del territorio romagnolo.