Gianluca Petrella Tubolibre Quartet

Foto: Torben Huss





Gianluca Petrella Tubolibre Quartet

Jazz.Art, Monopoli, 20.1.2008

Moody Jazz Café, Foggia, 21.2.2008.


Gianluca Petrella: trombone

Mauro Ottolini: tuba

Gabrio Baldacci: chitarra elettrica

Cristiano Calcagnile: batteria


Una nuova formazione per Gianluca Petrella: un quartetto che già nella denominazione e nella formazione spiega molte delle sue ragioni costitutive. Come spiega lo stesso trombonista, “il mio intento era quello di accostare strumenti solitamente distanti tra loro, quali possono essere il basso tuba e la chitarra elettrica, ma anche trombone e chitarra elettrica non sono una combinazione molto diffusa. Magari è più facile trovare un trombone con una chitarra dal suono pulito e non, di sicuro, nel modo in cui la suona Gabrio.”


L’unione degli strumenti e la commistione dei ruoli tra i quattro diventa perciò un marchio di fabbrica e una possibilità espressiva importante nelle corde della formazione. Il ruolo armonico della chitarra e il sostegno ritmico della tuba con i rispettivi spazi solisti dei due musicisti e gli interventi sul suono (pedali e loop, effetti e distorsore e, a tutto questo si deve aggiungere il fatto che la tuba di Ottolini sia in plastica) creano una situazione intermedia nella quale emerge bene la filosofia fluida del gruppo. L’intervento di Petrella – solista con trombone e bombardino, ma anche sostegno ai solisti con i suoni della touch-pad e dell’elettronica – trova modo di lanciarsi nelle mille direzioni possibili offerte dal gruppo e dal repertorio. Allo stesso modo, Cristiano Calcagnile, con il suo approccio molteplice, consolida e propone strade diverse: alla tradizione ritmica dello swing si aggiungono soluzioni aperte al drum’n’bass, all’etnico, al popolare, al rock.


Il repertorio del gruppo è quanto mai vario, causa ed effetto dell’approccio della formazione. “Il percorso del nostro concerto passa dalla marching band e dal dixieland per arrivare a Jimi Hendrix, ai nostri brani originali. È sicuramente importante, per noi, avere la possibilità di muoverci tra cose diverse e il nostro repertorio è aperto naturalmente a tutte le suggestioni.” Ai nomi citati da Petrella si devono aggiungere Duke Ellington e Thelonious Monk, Tom Waits e i Massive Attack per dare concretamente l’idea delle scelte della formazione. Libertà e indipendenza senza proclami e con la voglia di mettere in risalto le anime diverse dei propria ascolti e delle influenze dei quattro.


I suoni della formazione rispecchiano la fusione di tradizione e modernità che si ritrova già nei brani e negli atteggiamenti generali. L’elettronica di Petrella e gli effetti sulla chitarra di Baldacci non sono mai utilizzati in maniera invasiva; la tuba richiama, come si diceva sopra, la tradizione delle marching band, ma unisce di tanto in tanto suoni più lunghi, dovuti al distorsore, ma anche alle particolari vibrazioni dello strumento in plastica. Calcagnile si muove tra percussioni e batteria e offre uno spettro sonoro che va dalle soluzioni più aggressive e moderne, a delicate escursioni melodiche sui piatti, dall’utilizzo di strumenti etnici e oggetti quotidiani al soffiare dentro tubi in plastica, ampliando così le possibilità di sostegno del suono durante i suoi assolo.


Una caratteristica costante nell’idea del Tubolibre è proprio la necessità, espressa durante tutti i brani e attraverso tutte le forme, di fornire un sostegno sonoro allo sviluppo dei brani: una sorta di entità armonica alla quale partecipano tutti i musicisti e che diventa forse la vera cifra del gruppo.


I brani scelti per il repertorio spostano di continuo e in modo automatico le atmosfere del concerto. Il concerto si apre nella dimensione lirica di Angel, uno dei brani più melodici di Jimi Hendrix, e si chiude con l’allegria finale di All the World is green di Tom Waits: per il concerto di Monopoli, il quartetto, con il sassofonista Gaetano Partipilo, ospite della formazione negli ultimi due brani, si è lanciato in una chiusura marciante attraverso il pubblico. Tra i due estremi, si passa per Mood Indigo, presenza costante nei vari repertori del trombonista, per Epistrophy e per l’unico originale presentato nel concerto: un riferimento festoso e personale alle tradizioni del jazz. Da tenere a mente l’ipnotica e intrigante versione di Teardrop dei Massive Attack: aperta da un gioco di Baldacci sugli effetti e i suoni della chitarra elettrica, moltiplicati dai loop e prolungati dall’utilizzo dell’archetto, si sviluppa sulla linea precisa dell’originale in un crescendo sonoro ed emotivo davvero di grande impatto.