Mistà Festival 2008

Foto: Fabio Ciminiera





Mistà Festival 2008

Valli del Monviso – Luglio/Agosto 2008


I bravi giornalisti lo direbbero “trasversale”, gli apologeti “geniale” e i detrattori (se ce ne fossero, ma ancora non ne ho conosciuti) “concettualmente affollato”. E dopo otto anni il Festival Mistà continua ad essere uno splendido pretesto artistico per parlare della magia di una parte d’Italia ancora poco inflazionata, con le sue valli, le sue chiese, le osterie, l’amore per la musica. Un territorio cuneese che va delle terre del Marchesato di Saluzzo alle valli Grana, Maira, Po e Varaita, e ai piedi della montagna più simile ai disegni dei bimbi, con quella forma perfetta a punta: il Monviso.


Impossibile non provare un po’ di timore davanti al “foglio bianco”, come un personaggio di Thomas Bernhard, nel voler parlare di un evento tanto composito incasellando i molti appuntamenti e nel contempo provare a impedire che nelle parole scritte si disperda tutta la poesia che sta alla base di ognuno di loro.


Mistà è una parola foneticamente perfetta, derivante da un’altrettanto musicale linguaggio, quello occitano, che in questo contesto diventa anche un elemento estetico per connotare i luoghi: geografici, ma anche mentali. Basta solo scorrere la lista dei ristoranti “Antichi Sapori di Mistà” aderenti alla manifestazione per aver voglia di approfondire: Lou Saret, Crusetin, Fischirol, Ca’ de Blin, oppure la Locanda per viandanti e sognatori…


Mistà significa “pittura sacra” e per traslazione “immagine”, e anche da qui nasce la grande attenzione alla sede scelta per allestire ciascuna delle serate, come sagrati preziosi, santuari e straordinarie chiese, oppure la sontuosa Castiglia di Saluzzo o Palazzo Drago a Verzuolo.


Una scelta mistica (e la radice è ricorrente) che si riaffaccia anche nel programma scelto per le varie serate, ideato sotto l’egida del Museo dell’Arpa “Victor Salvi” di Piasco e della Fabbrica dei Suoni di Venasca. Luogo interessantissimo, quest’ultimo, per l’intento didattico ormai conosciuto a livello nazionale e per la competenza dei suoi direttori Cristiano e Mattia che quest’anno hanno voluto coinvolgere nientemeno che Enrico Rava nel ruolo di direttore artistico del Festival. Il quale naturalmente ha accettato, forse anche profondamente conquistato dall’impostazione della rassegna, con la musica barocca del Quartetto di Cremona – con la voce recitante di Daniela Poggi – accanto all’Ensemble di violoncelli della Symphonica Toscanini (organico diretto da Lorin Maazel e di cui fa parte anche Mattia Sismonda), oppure con il jazz sposato alle sonorità occitane (Multikulti Orchestra con Sergio Berardo dei Lou Dalfin), il tocco un po’ manouche dei bravi Atelier de Swing e Roberto Fonseca con il suo nuovo Buena Vista Social Club e molto altro, insieme a un ideale chiasmo creato da due dei tre concerti di Rava: come esordio della manifestazione con il Paolo Silvestri Ensemble e con il Chet Mood al suo termine. Concerto intimo e intenso, questo, nella bellissima Cuneo e con Philip Catherine, Riccardo del Fra e Aldo Romano davvero in gran serata. Vero Mattia?


“Decisamente un gran concerto. E sono orgoglioso di questa manifestazione, del suo successo di quest’anno e della prestigiosa direzione artistica. Non oso pensare a cosa potrà portarci nella nuova edizione l’apporto di Enrico Rava…”


Era normale a questo punto chiedere a Mattia quale fosse stato l’evento più eclatante non solo sulla carta, ma secondo il pubblico o per la reazione inaspettata degli stessi artisti. “Guarda… Il pubblico ha risposto meravigliosamente e questo ci incoraggia a proseguire sulla stessa strada. Tra i concerti notevoli è stato magnifico il connubio tra la Camerata Musicale Mistà, impegnata nell’esecuzione delle Quattro Stagioni di Vivaldi mentre Fabio Vettori (famoso bozzettista, n.d.r.) disegnava sul palco scene ispirate a quelle musiche. È stato davvero emozionante.”


“E per quanto riguarda la parte jazz?”


“Tutti davvero bravissimi, l’orchestra dei giovani di Enrico, gli Atelier… Però io non conoscevo personalmente Enrico Pieranunzi e devo dirti che, oltre a essere un grande musicista, è una bella persona. Il suo concerto insieme all’altro ottimo pianista Massimo Giuseppe Bianchi sulle note improvvisate di Bach e Scarlatti è stato bellissimo.”


Stava per dire “mistico”, ma non l’ha fatto perché Mattia, Cristiano e tutta l’organizzazione del Festival Mistà creano la differenza rispetto ad altre manifestazioni nazionali (anche più brevi e di minori intenti) con la loro modestia e simpatia, e senza alcuna supponenza anche in occasione di eventi importanti.


Persino il loro direttore artistico Enrico Rava, quello fascinoso e “con la faccia giusta del jazz”, magari non perdona nulla al fonico durante un sound check ma, in armonia con l’atmosfera, si ferma a sorridere a una bimba poco prima del concerto. Qui i ruoli non contano molto, si concorre invece insieme a creare qualcosa di unico, e per ora ci sono tutte le premesse perché la prossima edizione ci riservi qualcosa di molto speciale.