Foto: Logo El Gallo Rojo
El Gallo Rojo Records
Un piccolo gallo rosso sul margine della copertina. Una linea grafica semplice, ma subito riconoscibile, presenta i dischi dell’etichetta El Gallo Rojo. Discorso grafico che prosegue con il booklet, formato poster, di tutti i dischi e dall’impatto delle immagini presenti nei diversi lavori. Anche nella musica viene seguita una linea progettuale che unisce i lavori dell’etichetta, un filo rosso che percorre i progetti in nome di una trasversale predisposizione alla confluenza dei suoni e dei linguaggi.
L’etichetta El Gallo Rojo (www.elgallorojorecords.com) nasce grazie alla costituzione del Collettivo omonimo. Il Collettivo è formato da musicisti giovani ed emergenti, provenienti, per lo più, dall’Emilia Romagna, dal Veneto e dalla Lombardia. Musicisti uniti da esigenze artistiche, da progetti comuni, ma anche dalla pratica necessità di produrre, distribuire e far conoscere la propria musica in modo diretto, abbattendo costi e difficoltà oggettive del mercato discografico indipendente italiano, superando la mediazione di etichette e manager, la trafila dei tempi di pubblicazione e via discorrendo. Un lavoro portato avanti dai componenti del Collettivo, per poter dare la musica, così com’è, senza mediazioni, al pubblico. “C’è il discorso della produzione a basso costo, della distribuzione propria, il nostro volendo è un esempio di produzione alternativa, di etichetta indipendente “intelligente”, e c’è anche il desiderio di portare la nostra musica direttamente agli ascoltatori.”
Ne abbiamo parlato con Francesco Bigoni, sassofonista di Ferrara, protagonista del progetto Rootless, addetto stampa del Collettivo e dell’etichetta. Il nucleo di partenza del Collettivo è composto da Danilo Gallo, Zeno De Rossi, Francesco Bigoni, Enrico Terragnoli, Stefano Senni, Massimiliano Sorrentini, Alfonso Santimone e Martino Fedrigoli, l’unico non-musicista del collettivo.
“Mi sembra giusto partire dal Collettivo. L’etichetta è, comunque, il primo passo nella direzione di un Collettivo di musicisti che si occupa di produzione ma anche di molto altro. Quello che ci interessa è lavorare come artisti e come musicisti, metterci in relazione tra di noi. Sotto un certo punto di vista, è stata un’assunzione di responsabilità: producendo dei dischi, noi stessi assumiamo ruoli altri, rispetto a quello del musicista. Questo comporta delle responsabilità in più ma anche un controllo totale di tutti gli stadi della produzione. Dall’incisione in studio, alla grafica, alla stampa, alla distribuzione.”
L’assunzione di responsabilità e la forzata decisione di calarsi in ruoli altri rispetto a quelli, soliti, dei musicisti: fare i conti con tutto l’insieme della produzione, con la burocrazia e le difficoltà della vendita, con i contatti con la stampa e le altre realtà musicali.
“La presenza dei musicisti del Collettivo nei primi che abbiamo stampato è stata una necessità: da una parte avevamo molti dischi già pronti e dall’altra volevamo che i musicisti del Collettivo fossero ben rappresentati in questa fase iniziale per farci riconoscere, per dare un segno chiaro della nostra presenza. Ma, in definitiva, ci piace l’idea che nelle nostre prossime realizzazioni siano rappresentate anche altre realtà. Già in questi primi dischi, in ogni caso, sono presenti musicisti del Collettivo Basse Sfere, una realtà molto simile alla nostra, e anche musicisti estranei alle realtà collettive. Non vogliamo che questo diventi il nostro spazio: riceviamo materiale da molti musicisti, amici e anche musicisti che non conosciamo personalmente, che ci mandano dei master per una eventuale pubblicazione. Materiale che noi ascoltiamo con moltissima attenzione. Questo ci porta a parlare di musica in termini più oggettivi di quanto non siamo abituati a parlare della nostra musica.”
Il Collettivo diventa il terreno per conoscersi meglio e approfondire il rapporto tra i musicisti anche oltre gli aspetti professionali. La stretta vicinanza per le decisioni da prendere (Francesco Bigoni, come Danilo Gallo e Zeno de Rossi che abbiamo avuto modo di sentire in questi giorni, ripetono spesso come il confronto sia serrato, partecipe e costante) “Una delle istanze che ci ha spinto a formare il Collettivo, è quella di aver constatato come, nella scena musicale italiana, manca un rapporto umano tra musicisti che vada oltre il rapporto professionale. Spesso tra i musicisti non si parla di musica, chi vive a Torino non sa cosa facciano i musicisti di Bologna. Noi vorremmo che la nostra realtà fosse un territorio di scambio e di confronto tra musicisti di città diverse. Infatti, insieme ad altre realtà collettive, ci stiamo organizzando per creare dei meeting e degli incontri che possano servire anche semplicemente per scambiare materiale o idee. Non solo in Italia, ma anche con collettivi di altre nazioni europee: stiamo per scambiare il nostro catalogo con un collettivo francese, Yolk Records, che ha sede a Nantes e che ha anche un’esperienza molto simile alla nostra perché ha anche un’etichetta.”
Quanto detto ovviamente si riflette sulla musica. Si è già detto della presenza, in questi primi dischi dell’etichetta, della presenza dei musicisti del Collettivo. Dare il segnale della propria esistenza, dare una cifra coerente a un progetto discografico. Molti dei nomi del Collettivo compaiono nelle varie formazioni, come Zeno De Rossi, Danilo Gallo, Stefano Senni, Enrico Terragnoli che sono protagonisti di diversi lavori.
“Se dovessi individuare una cifra comune, una matrice estetica presente nei lavori del nostro Collettivo è sicuramente una certa predisposizione alla trasversalità rispetto ai linguaggi. Quando ci siamo posti il problema di definire un manifesto estetico del Collettivo, o di individuare una linea della nostra etichetta, ci siamo detti che l’unico punto da tenere ben in evidenza era proprio la predisposizione ad essere trasversali rispetto ai linguaggi e una certa attitudine alla sperimentazione… volendo sono termini un po’ vaghi, ma senz’altro ci rappresentano… É indubbio che ascoltando i nostri dischi si senta una trasversalità, magari all’ascolto possono sembrare diversi, anche molto diversi tra loro, ma questo tipo di approccio alla musica caratterizza un po’ tutti i progetti.”
E terminiamo con la grafica, la distribuzione e i costi. “Massimiliano Sorrentini e Sara Meneghini hanno coordinato il lavoro grafico generale e hanno impostato le linee guida tipografiche dell’etichetta. Abbiamo scelto una linea essenziale: poco testo all’esterno, solo i nomi dei musicisti, i titoli dei brani, all’interno, la scelta del poster in quattro parti per cercare di dare spazio all’aspetto grafico. Per ogni disco si commissiona il lavoro ad un grafico, interno o esterno al Collettivo, che lavora a partire dalla musica, dal titolo, dalle informazioni, per realizzare una grafica che, in un certo senso, completi il lavoro: ci sono le linee guida generali dell’etichetta, ma poi, caso per caso, la grafica viene mirata su quello che è il contenuto del disco. La nostra distribuzione per ora è assolutamente indipendente: abbiamo scelto un paio di siti internet, Jazzos e Suoni e Ritmi, e alcuni punti vendita sul territorio scelti per rapporto diretto, un rapporto di fiducia, cercando di portare i nostri dischi in negozi di cui conosciamo le scelte, di cui conosciamo il tipo di clientela… portando, personalmente, ciascuno di noi, i dischi nei vari negozi… I costi? Ai concerti, vendiamo il disco a dieci euro e chiediamo ai negozi di non superare i dodici euro. Una produzione a basso prezzo, con un prezzo politico, indicato al rivenditore.”