Le storie non raccontate di Giancarlo Maurino

Foto: Fabio Ciminiera





Le storie non raccontate di Giancarlo Maurino.


Due dischi diversi con due quartetti differenti, entrambi pubblicati come autoproduzioni dell’etichetta Djanian. Giancarlo Maurino esce con Untold e Um abraço no Jobim: una fotografia di un momento importante per il sassofonista, in cui si confrontano le esperienze vissute nel corso degli anni.


«In Untold sono presenti brani composti nel corso degli anni, Una carrellata di temi in cui ho voluto portare l’accento sulle mie composizioni: in realtà, Untold è il mio primo disco come band leader nonostante l’età e una carriera cominciata quando avevo 18 anni.» Il titolo si riferisce più alla persona di Giancarlo Maurino che ai brani – in alcuni casi erano stati già realizzati come ad esempio Um Abraço o Meteo, per altre formazioni. «Come ho riportato nel disco, un mio amico tempo fa mi disse: “Giancarlo, the most untold story”. Al momento non lo compresi bene, anzi mi diede anche fastidio: ora lo ringrazio perché mi ha fatto capire che devo essere io a svelare quello che è il mio mondo. Mentre stavo mettendo a punto Untold, ho sentito Roberto Taufic, con cui collaboro da moltissimo tempo, ed è scattato il desiderio di fare di nuovo qualcosa insieme in studio. Nel giro di un pomeriggio avevamo concordato tutto: sala, formazione, repertorio. Non ho fatto calcoli, volendo è una sorta di “inner urge”: uno arriva a cinquantaquattro anni e vuole far vedere qual è il punto della situazione.»


Sono due dischi usciti insieme e con le stesse modalità, dall’autoproduzione alle scelte grafiche. Dal punto di vista musicale sono speculari e, in qualche maniera, complementari: se Untold punta sulla composizione, Um abraço no Jobim si concentra sul song book dell’autore brasiliano. Alla base di entrambi ci sono il quartetto e l’interplay, la varietà interpretativa e la ricerca di soluzione personali per entrare nei binari tracciati dai brani. «Ad esempio Magician e Titoli di Coda erano stati registrati con voci, archi: situazioni totalmente differenti. Il lavoro in realtà è stato la riduzione per quartetto dei brani. Sapevo di poter contare su musicisti dotati di grande capacità e creatività come Rita Marcotulli, Francesco Puglisi e Fabrizio Sferra. I brani raccontano diversi anni del mio mondo musicale: naturalmente, non viene fuori tutto in una registrazione ma conoscersi da lungo tempo ha aiutato. Ho suonato molto spesso con Rita e Francesco e con Fabrizio ho condiviso tutto il periodo del Music Inn.» Il risultato è in un disco sfaccettato, ricco di variabili gestite con grande classe ed equilibrio da musicisti maturi e in grado di spaziare dallo swing e dal confronto con la tradizione alle derive più moderne e alle motivazioni personali di ciascuno dei protagonisti del quartetto. La scrittura del sassofonista e la genesi pluriennale del materiale riprendono, in maniera naturale e non forzata, spunti e stimoli di provenienza diversa, accostati da una scrittura pacata e lineare, specchio dell’approccio proprio del sassofonista. «L’obiettivo di Untold era mettere in risalto le mie composizioni, mi interessava mettere in evidenza le linee dei brani. Naturalmente ho lasciato spazio alle improvvisazioni dei vari musicisti.»


Ambiente e contesto musicale diverso in Um abraço no Jobim. «Roberto mi ha avvicinato alla musica brasiliana e, forse, io l’ho avvicinato al jazz. Con Edu Hebling e Roberto Rossi abbiamo suonato in diversi contesti, ad esempio con Rosalia De Souza. Tutte le volte che abbiamo suonato insieme si sono create sempre delle situazioni interessanti e mi è venuto naturale pensare di trasportare quell’intesa in un quartetto.» Un disco dove arrangiamento e soluzioni si rivelano articolate e particolari, nonostante Maurino sottolinei come la costruzione del disco sia scaturita in un pomeriggio di prove. Un repertorio compatto e interpretato attraverso una visione unitaria, figlia di una conoscenza, di una pratica e di un trasposto forti nei confronti dei brani di Jobim. Taufic e Hebling sono brasiliani e perciò vivono in maniera naturalmente profonda le canzoni; Maurino e Rossi hanno, oltre alla collaborazione con Rosalia Da Souza, interpretato quelle canzoni in contesti diversi: l’approccio non usuale ad alcuni temi scaturisce da un rapporto costante e intimo con i brani. «Nel disco “brasiliano” abbiamo puntato l’attenzione sulla melodia e sulla forza ritmica. In Luiza, ad esempio, abbiamo portato il 3/4 dell’originale in una sorta di bolero oppure in Chovendo na roseira abbiamo cercato un ritmo afro e in Por toda minha vida sotto la melodia marcata abbiamo lasciato correre una ritmica più libera. Il disco è suonato: di solito i dischi su Jobim sono più orientati verso la complessità armonica, verso l’arricchimento ulteriore di strutture già ricche e complete. Noi abbiamo scelto i brani guardando alla melodia, al fatto di poter essere cantati dal sassofono.»


Una novità nel percorso di Maurino è stato il trasferimento da Roma a Torino. «Andare in una città diversa significa semplicemente aprirsi a nuovi contatti. La scelta di Torino non è stata casuale, sia per le origini della mia famiglia che per l’amicizia con Roberto Taufic. Da una parte, Torino è più vicina all’Europa ed è più facile collegarsi ad altre realtà e, inoltre, la città è più piccola e perciò molto vivibile. Gli eventi sono più concentrati e i musicisti hanno molta voglia di scambiarsi informazioni, di incontrarsi, di provare.» Naturalmente restano i contatti con l’ambiente romano in cui il sassofonista è nato e di cui è un protagonista sin dai tempi della registrazione con Charlie Mingus della colonna sonora di Todo Modo. «Dall’anno scorso abbiamo rimesso in piedi Spirale, grazie all’impulso di Giampaolo e Michele Ascolese, per recuperare l’idea di gruppo, di amici che provano. Spirale aveva un suo seguito all’epoca ed effettivamente è bello rivedere persone che non incontravo più da anni tra il pubblico dei nostri concerti.»