Alfa Music – AFMCD 139 – 2010
Giuliana Soscia: fisarmonica
Pino Jodice: pianoforte
Aldo Vigorito: contrabbasso
Francesco Angiulli: contrabasso
Emanuele Smimmo: batteria
Napoli e Buenos Aires, due città incantevoli, piene di vita, fantasia e creatività. Ma anche due città di immigrazione e di conseguente tristezza e nostalgia. Due città che si somigliano morfologicamente, che hanno in comune la variante spagnola nel loro sangue e nelle arterie urbanistiche. Una è la capitale di un grande stato americano, l’altra è stata la capitale di un regno passato che è rivissuto nella sua cultura millenaria. Giuliana Soscia e Pino Jodice, due squisiti compositori e musicisti, hanno creato un ponte tra queste due culture che si somigliano ma che hanno un gran mare e tanta nostalgia di mezzo. I due hanno dato vita ad un progetto, l’Italian Tango Quartet, che partendo dal jazz si è aperto alle sonorità del tango e della musica partenopea non usando i soliti clichè legati a queste musiche, ma apportando variazioni e fughe sonore improvvise ed improvvisate. Nulla è scontato in questo disco, le partiture sono aperte e piene di varianti ma il quartetto fila via senza esitazioni restituendo alla fine di ogni brano il pathos e la natura originaria dei nove pezzi che compongono questo bel disco. Come dicevamo, il jazz c’è e si sente, per esempio, preponderante nell’assolo di pianoforte di Migration, firmato dal duo Soscia/Jodice. Non sono da meno la sentimentale e movimentata Milonga Mediterranea oppure la nostalgica ed irrequieta Ricordando Buenos Aires. E poi come non soffermarsi e apprezzare il lavoro fatto con l’esecuzione di Suite Napoli Antica del maestro De Simone, oppure la storica Serenata a Pullecenella. Soscia e Jodice non potevano tener fuori da questo progetto l’anima di Buenos Aires, e cioè Astor Piazzolla. Lo fanno con scrupolo e rispetto verso una grande compositore proponendo quattro brani presi dal repertorio di Piazzolla ed eseguendoli in maniera moderna, non ortodossa, arricchendoli con spunti e trovate free, assoli di pianoforte che fanno il paio con gli svolazzi della fisarmonica. Ed a chiusura una splendida e riconciliante Oblivion.