CAM Jazz – CAMJ7831-2 – 2010
Mauro Ottolini: trombone, sousaphone, tromba a coulisse, tromba basso
Fulvio Sigurtà: tromba
Daniele D’Agaro: sax tenore, clarinetto
Dan Kinzelman: sax tenore, clarinetto, clarinetto basso
Vincenzo Vasi: theremin, voce, elettronica, giocattoli
Enrico Terragnoli: chitarra elettrica, banjo, podofono
Giorgio Pacorig: pianoforte. Fender Rhodes
Danilo Gallo: contrabbasso
Zeno De Rossi: batteria
Giovanni Falzone: tromba
Antonello Salis: fisarmonica, pianoforte
Piero Bittolo Bon: sax alto, sax baritono, clarinetto basso
Mauro Ottolini sceglie il concept album per il secondo capitolo della saga di Sousaphonix. Il racconto si incentra sulla vita di una cittadina della Pennsylvania – Braddock, appunto – legata allo sviluppo e al declino delle sue industrie metallurgiche. I brani sono dedicati ed ispirati ai personaggi, ai luoghi e ai fatti di una storia che abbraccia un secolo, dalla fondazione della Edgar Thomson Steel Works nel 1873 alla chiusura della stessa fabbrica negli anni settanta. La cittadina rimasta pressoché deserta – Braddock conta oggi solo il 10% degli abitanti che aveva negli anni ’50 – ha conosciuto una certa ripresa di immagine negli ultimi anni quando il nuovo sindaco John Fetterman – personaggio pittoresco, per riportare la definizione di Wikipedia, da cui abbiamo riassunto tutta la vicenda – ha dato vita a una serie di iniziative, dalle apparizioni televisive al riscontro sulla stampa internazionale, per invogliare creativi e artisti a trasferirsi a Braddock.
Tutto prende le mosse dal cielo sopra Braddock, da cui il titolo del disco, dove si incontrano le anime dei lavoratori della fabbrica, dei musicisti della fanfara del paese, di Glenn Miller, di Andrew Carnegie – fondatore della ferriera ma anche della Carnegie Free Library e, per questo in bilico tra bene e male, tra figura positiva e negativa. Insieme a loro anche le anime di musicisti, ispirati dalle tensioni e dai riflessi sociali dell’epoca e a loro volta ispiratori di sentimenti e modi di essere attraverso la loro musica.
Il percorso del disco spazia così dalla musica per fanfara del Working man blues – di cui esiste in rete anche una versione in cartone animato – composto da Deep Henderson a Pennsylvania 6-5000 di Miller, da Oclupaca di Duke Ellington a Strawberry Mango dell’Art Ensemble of Chicago e a Lunar Rhapsody tratta dal repertorio di Les Baxter. Lo sguardo di Ottolini si posa attraverso i brani originali sulla situazione e i personaggi di oggi. Mayor John 15104 è dedicata al sindaco – pare che Fetterman abbia tatuato sul braccio il codice postale di Braddock – mentre la sognante e frastagliata The wonderful fable of Vicki Vargo è dedicata alla bibliotecaria, altro personaggio di spicco della Braddock del 2010. The funeral of Vocelli Pizza e Crisis Program si riferiscono alla chiusura dell’ultimo ristorante della città e al programma di crisi relativo al fallimento economico della città.
Per compiere questo tragitto – immaginifico e variopinto – Ottolini riconvoca la formazione ampia, strabordante, trasversale già all’opera nel precedente lavoro e la arricchisce con tre ospiti come Antonello Salis, Giovanni Falzone e Piero Bittolo Bon. The sky above Braddock è un disco dalla dinamica orchestrale: Ottolini dimostra una grande pratica nella gestione dell’ensemble, nel confezionare la musica sulle predisposizioni degli interpreti e nel dare vita a un complesso allo stesso tempo compatto ed estremamente poliedrico. La conformazione del gruppo è decisamente poco canonica e le scelte del leader sia nelle composizioni che negli arrangiamenti puntano a una sintesi originale tra jazz degli albori, spirito bandistico, ricerca sonora e linguistica, dove la melodia e, in questo particolare, la narrazione prendono il ruolo di linea guida e riferimento principale.
Come il precedente Sousaphonix, anche questo è un disco poliedrico, percorso da pulsioni differenti e divergenti tra loro. The sky above Braddock è animato da voci, fischi, oggetti: la regia di Ottolini riesce a sfruttare gli interventi dei musicisti, sempre in grado di trovare spunti e suoni per rendere ancora più ricco il corpo sonoro del disco. In questa rutilante abbondanza, il trombonista lascia passare un filo intrecciato di malinconia e speranza che racconta la vicenda della città statunitense: i passaggi tra i vari generi non servono qui a soddisfare una necessità espressiva bulimica, ma rappresentano con aderenza i vari quadri di una storia attraversata da sentimenti e situazioni anche conflittuali. L’approccio libero dei musicisti e la verve inesauribile del leader restano una cifra caratteristica della formazione e danno corpo ai vari passaggi del disco.