Slideshow. Simona Severini

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Slideshow. Simona Severini.


Jazz Convention: Così, a bruciapelo puoi parlarci del tuo recente lavoro discografico?


Simona Severini: Il disco s’intitola “La belle vie” ed è uscito il 7 giugno per l’etichetta my Favorite Records. Si tratta di un progetto ispirato e in parte dedicato alla musica del compositore francese Gabriel Fauré. L’idea di lavorare sui songs di Fauré è nata da alcuni suggerimenti di Giorgio Gaslini. Non mi interessava tanto fare un lavoro monografico su Fauré quanto sviluppare un discorso musicale a partire dallo studio dei suoi songs. Questo ha fatto si che il disco comprenda sia brani composti da Fauré, sia brani ispirati ai suoni della sua musica, alla poesia e alla cultura francese.



JC: Perché prorprio cantando in francese?


SS: I brani sono cantati nella lingua in cui sono stati scritti i testi. Tanto più, che nel caso dei songs di Fauré si tratta di poesie di grandi poeti francesi, come Hugo e Villiers de L’isle Adam. Per i brani composti da Antonio Zambrini ho scelto due testi poetici di Rimbaud, per proseguire, partendo da Fauré, sia il discorso musicale sia quello legato alla poesia francese. La belle vie è uno standard noto nella sua versione inglese, ma il testo originale è in francese. Così come “the summer knows” ha un’autore francese, ma il testo originale è in inglese.



JC: Pensi che il francese possa essere (anche) una lingua jazzistica?


SS: Si, certo. Anche se nessuna lingua è jazzistica come l’americano. Dover cantare in francese mi ha dato da l’opportunità di trovare un compromesso tra un linguaggio che non appartiene originariamente al jazz, e un’ottica jazzistica di fondo. Che è poi l’obiettivo generale del lavoro.



JC: Perché uno standard – Emily – che è un po’ lontano dal il resto dell’album?


SS: Io non lo ritengo lontano. Non è francese, ma questo non è per forza sinonimo di lontananza. Da un punto di vista del sound, è il più vicino ai brani (arrangiati) di Fauré . La versione di Emily alla quale mi sono ispirata è quella di Bill Evans, un musicista che amava i compositori francesi, in particolare Debussy.



JC: Come mai niente Aznavour, Brel, Montand, Brassens, la Piaf che invece hanno avuto orchestre jazz alle spalle?


SS: Per lo stesso motivo. Da un punto di musicale, del suono complessivo che abbiamo cercato e che è legato alla musica di Fauré, sono più lontani.



JC: Cambiando argomento, mi racconti ora il primo ricordo che hai della musica?


SS: Mio papà che suona la chitarra e canta. Gli piace molto il Folk americano, James Taylor, Crosby Still Nash & Young.



JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare una cantante


SS: Il motivo è l’amore per la musica. La voce è lo strumento che preferisco per me, quello con cui ho maggiore facilità e che mi appartiene di più, perché è interno. Fare la cantante di lavoro è dipeso da una serie di fattori interni ed esterni. Sia la mia passione, sia gli incontri che ho fatto, hanno prodotto questo risultato.



JC: Accetti per te la definizione di cantante jazz?


SS: Non è facile stabilire cosa rappresenti questa figura. Per quello che intendo io si. Il jazz è ora il mio linguaggio di riferimento.



JC: Ha ancora un significato oggi la parola jazz?


SS: Penso di si. Forse più di uno. Ha un significato storico, che è largamente condiviso. Il jazz ha una storia, una tradizione, che è il punto di riferimento di ogni jazzista. Molti pensano che questo sia l’unico significato. Altri fanno riferimento, più che al significato storico, al concetto generale di una musica in grado di assorbire contenuti di altre musiche e altre culture, formando sempre nuove “musiche”. Molti rifiutano questa accezione filosofica del termine.



JC: Ma cos’è per te il jazz?


SS: È un percorso di continua fusione di generi.



JC: Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ alla musica jazz?


SS: Il contrasto. È una musica acre e delicatissima, legata all’istinto ed estremamente intellettuale, terrena e trascendente. Una summa di tutto ciò è, per esempio, la figura di Coltrane. Tutti questi contrasti, nella sua musica, incredibilmente si fondono.



JC: Tra i dischi che hai ascoltato ce ne è uno a cui sei particolarmente affezionato?


SS: “You must believe in spring” di Bill Evans, con Eddie Gomez ed Eliot Zigmund. Ho ascoltato per un anno e mezzo quasi solo quello.



JC: Quali sono stati i tuoi maestri nel canto, nella musica, nella cultura, nella vita?


SS: Ho avuto tanti maestri,e tanti esempi artistici, che sono cambiati e cambiano continuamente. Nel canto Joni Mitchell, di cui ero molto appassionata da più piccola. Nel canto jazz Sheila Jordan, Norma Winstone, Jeanne Lee, e, certamente, Tiziana Ghiglioni. Sono molto appassionata di musica antica e una delle interpreti che adesso preferisco è il soprano Nuria Rial. Nella musica Monteverdi e Bach. Ho una grande passione per BIll Evans , John Taylor e il grande e poco conosciuto Ran Blake. Sono appassionata di poesia italiana, in particolare di Pascoli. Il romanzo più poetico che abbia letto finora è cent’anni di solitudine. Negli studi di filosofia ho approfondito la figura di Nietzsche, che ha padroneggiava i contenuti filosofici da artista.



JC: Qual è stato per te il momento più bello della tua carriera?


SS: L’inizio. Cinque anni fa ho fatto la prima audizione col Maestro Gaslini. Mi aveva portata da lui Tiziana Ghiglioni, insieme ad altre allieve dei corsi Civici di Jazz. Era andata piuttosto bene. Dopo l’audizione Tiziana mi ha detto che secondo lei avrei dovuto fare la cantante. È stato l’inizio perché da quel momento, insieme a delle persone che mi sostenevano, Tiziana e Gaslini, ho cominciato a intravedere la possibilità concreta di intraprendere un percorso come cantante.



JC: Ha influito la bellezza fisica nella tua carriera?


SS: Ti ringrazio per il complimento implicito. Penso che un bell’aspetto possa rendere alcune persone più attente a chi lo possieda. Finora, la persona che mi ha più aiutata, è stata la mia insegnante di canto, Tiziana Ghiglioni. Mi ha presentato molte persone che sono state fondamentali nel mio percorso di musicista e umano, come lo è stata lei. Tra questi, Giorgio Gaslini, Gianni Cazzola, Antonio Zambrini. È stata la persona che più mi ha incoraggiata ad intraprendere questo lavoro. Non credo sia particolarmente attratta dalla mia avvenenza…



JC: Quali sono i musicisti con cui ami di più collaborare?


SS: Quelli con cui collaboro. Per lavorare bene insieme bisogna condividere una visione musicale, ed avere un buon rapporto sul piano umano. Così è stato con Alex Orciari, Antonio Fusco e specialmente con Antonio Zambrini. Quindi mi ritengo molto fortunata.



JC: Cosa stai progettando a livello musicale per l’immediato futuro?


SS: Nell’immediato futuro vorrei proporre il progetto che ho appena realizzato ad un pubblico che mi piacerebbe che fosse il più vasto possibile. Ovviamente tra me e me sto già pensando al prossimo lavoro, perché i tempi di realizzazione non sono così brevi. Questo lavoro appena pubblicato ha avuto una gestazione di due anni e mezzo.